Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

venerdì 30 agosto 2013

La libertà è il problema fondamentale che la questione morale pone in essere: tema specificamente filosofico, da tempo vi si applicano le neuroscienze


In un piccolo scritto intitolato Sul male radicale nella natura umana  Immanuel Kant parla di una  tendenza al male (Hang zum Bosen) presente per natura all'interno di ogni uomo e che lo porta a dimenticare quella legge morale che è dentro di noi.  Ma, nello stesso tempo, egli parla anche di una originaria disposizione al  bene (Anlage zum Guten).  Dice anche che non ci è dato di comprendere la natura del male radicale, che esiste in “conformità alle leggi della libertà” nel senso che, per esservi agire morale, deve esserci necessariamente anche il male. Il che significa  che per esservi moralità noi dobbiamo essere necessariamente liberi. Dunque la libertà  è la ratio essendi della moralità . Citando Kant abbiamo  toccato il problema fondamentale che la questione morale pone in essere: quello della libertà o del libero arbitrio. Tema specificamente filosofico, già da tempo anche le neuroscienze  vi si applicano. Ciò che contraddistingue la ricerca scientifica contemporanea, infatti, è che essa cerchi un ponte con la riflessione filosofica. Tentativo, assolutamente, desiderabile ma che dà luogo a non poche difficoltà dato che la riflessione filosofica si basa sulla psicologia del senso comune (PSC) la quale ci dice cose assolutamente difformi dai risultati della ricerca scientifica. Secondo la psicologia del senso comune, infatti, noi ci percepiamo come esseri liberi, in grado di decidere in base  ragioni... (Per saperne di più: Buoni si nasce, soggetti etici si diventa. La costruzione della mente etica tra neuroscienze, filosofia, psicologia, Ed Pendragon) 

Prossimamente: nuove iniziative a proposito di "Psicologia e soggettività femminile"


 
Parlare solo di diritti e acquisizione di potere non basta se  non si riflette ( contro gli stereotipi che ogni epoca, anche la nostra, ha costruito in merito) su chi sia la donna oggi, quale livello di autocoscienza abbia raggiunto, chi voglia essere , quale  sia il suo desiderio. Le giovani generazioni hanno assorbito, quasi per osmosi, l’idea della pari opportunità, l’idea dei medesimi diritti di accesso alle professioni ed alle carriere ma  non basta. Le donne fanno carriera, occupano posti di potere ma continuano, spesso, ad essere subalterne in famiglia. Sono in un modo all’esterno, nella vita sociale, ed in un altro all’interno delle famiglie, in cui spesso continuano a subilre violenze e maltrattamenti. E’ uno dei  molti nodi che né il femminismo né le azioni politiche hanno sciolto. Bisogna sfatare l’idea che a subire siano solo donne  sprovvedute, insicure e senza lavoro. Il punto è che si fa ancora troppo poco nel senso di pratiche che facilitino l’autocoscienza e la crescita personale, il senso della propria autonomia, forza ed efficacia, pratiche che dovrebbero iniziare, attraverso un ‘educazione più sensibile alle questioni della buona  relazionalità tra uomini e donne, fin dalla prima infanzia, a scuola e in famiglia. Anche questo fa parte di una educazione alla eticità su cui più volte mi sono soffermata.

mercoledì 14 agosto 2013

Altruismo e cooperazione


 L’educazione alla prosocialità, all’altruismo, al senso della cura e del benessere dell’altro non è facile in una società basata sulla competitività, sul potere e sul successo manifesto, ma in cui le nuove condizioni di multietnicità e multiculturalità richiedono la comprensione dell’alterità, la necessità di conciliare gli interessi individuali e l’altruismo, un approccio più solidaristico che tenga conto del benessere della comunità piuttosto che quello dei singoli.  La ricerca psicologica si è applicata generalmente allo studio di comportamenti aggressivi e violenti piuttosto che a quelli caratterizzati da sensibilità e senso della cura dell’altro.  La ricerca psicologica contemporanea tende invece a studiare i comportamenti positivi, costruttivi piuttosto che quelli negativi. Ma come si sviluppano e costruiscono la generosità, la solidarietà, l’altruismo, componenti del comportamento umano senza le quali non sarebbero possibili né la convivenza umana né alcuna forma  di comportamento etico? Quale ne è l’origine? E perché alcuni sono più generosi e disponibili mentre altri sono più egocentrici e volti esclusivamente al proprio interesse personale?  

martedì 13 agosto 2013

Geneticamente altruisti


Le scienze psicologiche si applicano ormai da tempo allo studio del comportamento morale e di disposizioni caratteriali quali l’altruismo e la cooperazione.  Anche la neurobiologia animale e l’etologia hanno dato un notevole contributo . Esse segnalano una serie di casi in cui gli animali danno prova di comportamenti “buoni” e di manifestazioni emotive ed empatiche che nell’essere umano  possono essere considerate prerequisiti della moralità. Scimmie rhesus preferiscono rimanere affamate piuttosto che nutrirsi se il prezzo è quello di infliggere una scarica elettrica ai propri congeneri (Gallup)Sembrerebbe che nutrano anche dispiacere ed imbarazzo in seguito ad azioni sbagliate.  Questo dimostrerebbe  che la preoccupazione per gli altri fa parte del nostro corredo filogenetico e che noi ci siamo evoluti dai nostri fratelli animali come già Paul Rée aveva intuito nel lontano 1877. Ma mai  definiremmo tali comportamenti come morali o etici cosa che , invece , faremmo per analoghi comportamenti dell’essere umano. La differenza è che quest’ultimo agisce con consapevolezza , in base a fini e valori, ed è in grado di argomentare sul perché delle proprie azioni.(Per saperne di più: "Buoni si nasce, soggetti etici si diventa.La costruzione della mente etica tra neurosciezze, filosofia, psicologia", Ed. Pendragon ) 

martedì 6 agosto 2013

La psicologia Umanistica: un approccio rivoluzionario


La Psicologia Umanistica nasce negli stati uniti negli anni ’60 per opera di alcuni psicologici tra i quali ebbero un ruolo fondamentale Rollo May, Abraham Maslow, Carl Rogers. La Psicologia Umanistica è il risultato dell’incontro di due contesti culturali e disciplinari diversi: quello filosofico (Trascendentalismo, Pragmatismo ed Operazionismo) e psicoanalitico americano (psicoanalisi culturalista, psicologia psicoanalitica dell’Io) e quello fenomenologico-esistenzialistico ed ermeneutico europei, contesti diversi ma con alcuni elementi in comune. Questo fu possibile grazie all’opera di Rollo May che ebbe il grande merito di introdurre la filosofia fenomenologico-esistenziale. negli  Stati Uniti. (May era la mente più filosofica tra gli psicologi umanistici.)
        

venerdì 2 agosto 2013

I Gruppi d'Incontro secondo il metodo umanistico-fenomenologico-esistenziale.


3.Il Gruppo d’Incontro (d’ora in poi sempre Gd’I) è un metodo  che nasce negli anni ’60 ad Esalen, nell’ambito del movimento della Psicologia Umanistica, come risposta al disagio esistenziale di una umanità che, stanca del consumismo e del materialismo che caratterizzavano la società americana, aveva un gran bisogno di rinnovamento culturale e spirituale. Il Gd’I, secondo l’approccio da me sviluppato, è un metodo terapeutico a tutti gli affetti, diverso sia da quello rogersiano che da quello tradizionale nato ad Esalen. Ha una cornice teorica  ed un metodo precisi.

E’ un metodo attivo che utilizza come espediente le “esperienze guidate” o esercizi. Si tratta di stimoli che consentono ai partecipanti, oltre che di parlare dei loro vissuti, anche di “agirli”. Non si tratta semplicemente di parlare ma di sperimentare situazioni. Agire significa sperimentare, in un contesto protetto e guidato dal terapeuta, un nuovo comportamento che mobilizzi vari sistemi energetici: cognitivi, emotivi, corporei.

Il metodo da me sviluppato si basa su una determinata concezione della persona che tiene conto  della riflessione filosofica fenomenologico-esistenziale e di quella sviluppata dalla Psicologia Umanistica. In tale concezione della persona vengono riunificate quelle facoltà della mente che una vecchia concezione filosofica e psicologica avevano visto come separate. L’apprendimento ha creato connessioni tra emozioni sensazioni e pensieri, connessioni percorribili a doppio senso. Le esperienze guidate  trovano la loro efficacia proprio in questi  meccanismi: un’emozione può evocare un ricordo, un pensiero triste che a sua volta può innescare altre emozioni, ecc. Pertanto, durante il lavoro terapeutico, si può passare  dal livello emotivo a quello sensoriale, a quello cognitivo, a quello immaginativo, ciascuno dei quali vengono, di volta in volta, in primo piano, mentre gli altri rimangono relegati nello sfondo.

giovedì 1 agosto 2013

PROSSIMAMENTE



 Soggettività femminile e salute di genere

Curiamo lo stress per prevenire il malessere”
 Gruppo settimanale di autoconsapevolezza e prevenzione dell’ansia e dello stress

     Ogni martedì dalle ore 17 alle 18 e 30, dalla  prima settimana di Ottobre