Il problema mente-corpo: tra Dualismo
e Monismo
Il problema mente-corpo è una delle questioni più complesse e apparentemente insolubili che sono state affrontate nella storia del pensiero filosofico. Potrebbe essere riassunto in una domanda che probabilmente molti individui si pongono riflettendo sulla natura della propria vita cosciente: che cosa fa sì che le attivazioni delle nostre cellule nervose e, in generale, tutti i fenomeni fisici che si realizzano nel nostro cervello diano luogo a quell’esperienza soggettiva e privata che ci accompagna per gran parte della nostra esistenza e che è denominata “coscienza”?
Da questo quesito fondamentale si avvia la riflessione
filosofica contemporanea che ha come oggetto di analisi il rapporto tra il
dominio del mentale ed il dominio del fisico a cui naturalmente appartiene il
cervello. Infatti, mentre gli stati fisici del cervello sono osservabili sempre
in terza persona e su un piano
intersoggettivo, ossia possiamo comprenderne le caratteristiche fondamentali e
il loro funzionamento attraverso un’indagine empirica accessibile da molteplici
punti di vista, gli stati della nostra esperienza mentale sono accessibili da
un unico punto di vista, ossia il punto di vista del soggetto. In altri
termini, solo “io” posso sapere qual è l’esperienza peculiare che provo nel
momento in cui assaggio una fetta di torta o sto guardando un tramonto, e
questa esperienza è data dal carattere soggettivo e privato degli stati
coscienti di cui io sono soggetto. Tale carattere sembra apparentemente inconciliabile
con il carattere oggettivo e pubblicamente accessibile dei dati e delle
conoscenze inerenti al funzionamento del cervello ed alla sua costituzione.
D’altro canto, noi sappiamo bene che ciò che possiamo esperire o pensare siamo
in grado di farlo grazie all’attività nervosa e, quindi, in virtù di
quelle proprietà fisiche dell’encefalo che ci permettono fisicamente di
essere soggetti dell’attività mentale in generale. Se io infatti soffrissi di
una qualche menomazione fisica sul piano cerebrale o avessi un incidente che mi
provoca un trauma cerebrale, le mie facoltà mentali sarebbero sicuramente
compromesse e la mia vita mentale potrebbe mutare in modo irrimediabile. Non
avrei più lo stesso genere di vita mentale di cui ero soggetto prima di subire
quel trauma. Ciò significa che evidentemente esiste una correlazione tra gli
stati mentali ed il funzionamento del cervello, e che l’apparato cerebrale
influenza le facoltà mentali del soggetto. Pertanto, il problema mente-corpo
nasce precisamente dalla consapevolezza di questa apparente incompatibilità tra
due domini, il mentale ed il fisico, che pure sappiamo essere correlati
strettamente. In particolar modo, coloro che nella filosofia della mente
contemporanea si sono interrogati su questo dilemma hanno analizzato la natura
della relazione tra gli stati mentali e quelli corporei.
Le teorie della mente di ispirazione materialistica (o fisicalista) hanno cercato di risolvere il problema riconducendo l’insieme degli stati ed eventi mentali alle proprietà fisiche del cervello attraverso le relazioni dell’identità o della sopravvenienza. In altre parole, gli stati mentali, secondo questi studiosi, sarebbero identici o perlomeno sopravvenienti a quelli fisici del cervello. La cornice generale di queste tesi è solitamente di tipo monistico in quanto esse prevedono l’esistenza di un solo genere di sostanza, ossia il cervello. Nell’ambito di tale ontologia monistica, si possono ammettere o postulare anche entità diverse dal cervello nella descrizione del funzionamento della vita mentale, ma esse avranno esclusivamente un valore funzionale o categoriale, mentre sul piano ontologico esisterà soltanto il cervello. Le ipotesi di questo tipo hanno l’innegabile vantaggio di offrire soluzioni che possono essere compatibili con le neuroscienze e le scienze empiriche e vengono in genere accolte favorevolmente nel clima materialistico odierno, tuttavia talvolta ignorano o non riescono ad assegnare un ruolo preciso al carattere fondamentale e irriducibile della coscienza, la quale sembra possedere proprietà e stati distinti rispetto a quelli indagati dalle scienze empiriche. A causa di questa difficoltà, negli ultimi decenni abbiamo assistito al fiorire di teorie della mente che, al contrario, hanno ritenuto che il dominio del mentale fosse nettamente distinto e separato da quello fisico, cercando di dimostrare l’esistenza di proprietà non fisiche della coscienza, o addirittura, nelle versioni più radicali e audaci, di sostanze non fisiche corrispondenti a quelle entità che riteniamo essere i soggetti della vita mentale. Queste teorie, di chiara matrice dualista, pur riuscendo a giustificare il carattere privato dell’esperienza soggettiva, si sono dovute tuttavia scontrare con il problema fondamentale che da secoli affligge ogni paradigma di tipo dualistico, ossia la difficoltà di spiegare che tipo di interazione o relazione causale dovrebbe sussistere tra le entità non fisiche e quelle fisiche.