Da molti anni,
ormai, orientamenti sessuali diversi da quelli eterosessuali siano riconosciuti
scientificamente come normali e , dunque, non stati patologici né tantomeno
reati. Vale la pena di ricordare come la vita degli omosessuali nel
passato sia stata caratterizzata dalla impossibilità di manifestare il proprio
orientamento e come il diritto penale considerasse il reato di sodomia come un
crimine contro la moralità. Nella storia di molti paesi sono rintracciabili
maltrattamenti, derisioni, incomprensioni e condanne dell’omosessualità. E
anche in campo medico-psichiatrico si è considerata, nel passato,
l’omosessualità come un comportamento deviante che si cercava di curare e di
spiegare con una serie di teorie che non hanno alcun fondamento scientifico. E
non stiamo parlando di tempi molto lontani da noi: basti ricordare la persecuzione di cui viene fatto
oggetto Alan Touring, uno dei maggiori scienziati del novecento, la cui vicenda,
terribile ed impensabile per una società civile, è stata rinverdita
recentemente da un bellissimo film. Nonostante sia ormai chiaro che
l’omosessualità non è né una perversione né una malattia (L’APA-American
Psychiatric Association lo stabiliva già nel 1973) esistono ancora forti resistenze e pregiudizi, resistenze legate
a tradizioni di pensiero di marca anche religiosa. La sessualità è una parte
centrale della nostra identità : deridere, non rispettare gli omosessuali,
significa attaccare la loro identità e impedire loro una vita normale e serena. Ciò è talmente vero che gli
omosessuali hanno pagato un alto prezzo, nel passato in termini di salute e di benessere: nascondimento, vergogna,
matrimoni di copertura, ansia, disturbo post-traumatico da stress, depressione,
suicidio. Pregiudizi rimangono e anche
in ambito scientifico. Ci sono ancora psicologi, psicoterapeuti (per fortuna
pochi) che pretenderebbero di curare l’omosessualità anche se gli Ordini degli
Psicologi, in particolare l’Ordine degli Psicologi del Lazio, hanno preso una
drastica posizione contro tali operatori, varando, tra l’altro, anche
specifiche linee guida (Lingiardi-Nardelli, 2013)di approccio al paziente omosessuale.(
Sono volte non a curare l’omosessualità ma piuttosto ad offrire strumenti per
comprendere e gestire i molti temi che riguardano le persone omosessuali e la
vita delle loro famiglie.) Ora la decisione dell’Irlanda, paese con profonde
radici cattoliche, di introdurre i matrimoni tra omosessuali tramite un
referendum, è espressione di profonda civiltà in quanto il matrimonio dà piena
ragione della reale parità tra omosessuali ed eterosessuali. Il semplice riconoscimento delle coppie civili
non basta perché non annulla pienamente le discriminazioni fra coppie omo ed
etero anche se realizza una forma di equità economica. È noto che tale
procedura va a tutelare i diritti e gli interessi che determinano il benessere
di ciascun membro della coppia: proprietà comune dei beni, assegni famiglia,
forme di adozione, trattamento fiscale uguale a quello delle coppie sposate,
possibilità dell’ospedale in caso di gravi malattie, ecc. E neanche vale
l’obiezione di quanti affermano che il matrimonio tra omosessuali va ad
offendere la tradizione di quei popoli in cui il matrimonio è collegato alla
dimensione del sacro. Forse che gli omosessuali sono meno persone degli altri
e, dunque, non hanno diritto di accedere al sacro? Forse che gli omosessuali, per usare un’espressione
cara ai credenti, sono meno “figli di Dio?”. E non è stato papa Francesco a
dire “E chi sono io per giudicare un gay?”
Psicologa,Psicoterapeuta,filosofa, istruttrice Mindfulness: alla fonte autentica della Psicologia Umanistica*
Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia
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