Carl Gustav Jung: un genio del '900
Il 6 giugno del
1961moriva Carl Gustav Jung, A 60 anni dalla sua morte il pensiero di Jung è v itale ed attuale anche per le felici
intuizioni che egli anticipò nell’ambito psicologico e della scienza trovano
conferma nell’ambito della ricerca scientifica. Eppure Jung non ha avuto vita
facile in Italia. Introdotto negli anni ‘ 40 da Cesare Pavese e òper
l’interesse della casa editrice Einaudi che fece pubblicare nel 1942 Il
problema dell’inconscio nella psicologia modernae facilitata anche dalla
presenza di Ernst Bernhard, medico ebreo allievo di Jung, trasferitoszi in
italia nel 1936 e che formeà i primi psicologi analisti iunghiani. ha segnato
via via una crescente affermazione e
rivalutazione. La traduzione ela pubblicazione dell’opera iunghiana, iniziata
negli anni ‘6o è ormai stata completata da parecchi anni, culminata nel 2010 con la pubblicazione
in italiano de Il libro rosso (o liber novus), l’evento letterario dell’anno.
Nel libro rosso, iniziato all’indomani della rottura con Freud, Jung trascrive
dal 1913 al 1930 le sue esperienze
immaginali 8sogni, fantasie, immagine che si presentavano nella sua coscienza
rischiando di travolgerlo. rappresenta il viaggio più intimo di Jung nelle
profondità dell’inconscio. IL libro rosso è un libro speciale, fuori del
comune, per le sue dimensioni e caratteristiche tipografiche. Fu infatti
scritto su carta pergamena in caratteri gotici, con capilettera miniati e
disegni di forte impatto emotivo, La traduzione rispecchia con estrema fedeltà,
è quasi una riproduzione, tali caratteristiche, Si tratta di una discesa agli inferi alla
ricerca di sé, un processo di trasformazione che porta all’uomo nuovo, processo
che per toni e contenuti ricorda lo Zaratustra di Nietzsche. Il libro rosso è
un vero processo di individuazione, concetto che è al centro della teoria
psicologica iunghiana. Individuarsi significa differenziarsi come singolo dagli
stereotipi collettivi ed adattarsi all’ambiente e ai valori culturali in modo
personale e cfreativo Il libro mostra che quando Jung si avvicina a Freud nel
Si distaccò da Freud per le molte differenze sia d’ordine
teorico che metodologico, e non solo . Aveva la sua teoria sui sogni che erano per lui la messa in scena di parti
interne del sognatore ("noi sogniamo sempre noi stessi e chi altro sennò?", diceva la mia
analista Bianca Garufi. Aveva un diverso concetto di inconscio non solo
semplicemente inteso come il pozzo nero, coagulo degli eventi psichici rimossi ma
piuttosto l’in conscio individuale affondava nell’in conscio collettivo,
l’insieme delle immagini ,i miti che caratterizzano i popoli e che ognuno
di noi eredita. Lo divideva da Freud lo scarso ruolo che egli attribuiva alla sessualità ed al trauma della
seduzione. Ma fondamentalmente diverso era l’approccio terapeutico: il
prospettivismo psicologico che faceva si chè il lavoro dell’analista fosse
determinato dalla cultura di appartenenza, dal momento storico. Egli aveva
ascoltato a Basilea le lezioni di Burkhardt lo storico del Rinascimento, Sicché
fu facile per lui cogliere l’ineliminabile connessione tra senso della storia e
sviluppo della psiche. Infine diverso era il significato che egli attribuiva alla psicoterapia. Questa più che risolvere il sintomo era intesa come un
“fare anima”, trovare il senso. Il che fa inserire Iung nella innovatività filosofica della prospettiva ermeneutica con molto anticipo su alcuni orientamenti
terapeutici contemporanei. Infine al centro era la relazione con il paziente:
teorizzò quanto fosser determinante nell’esito della terapia il controtransfert
dell’analista, il che significava andare molto oltre la presunta neutralità
dell 'analista. Per più di 25 anni
Jung analizzò 2000sogni all’anno ma sapeva che ogni interpretazione non è mai
esaustiva. E’ per questo che esortava gli allievi a studiare i simboli delle
varie culture e delle religioni perché “le nostre menti sono forgiate dalla
storia del genere umano”. Esortava pertanto a trattare il sogno come un’opera
d’arte a tener conto della storia delle immagini in cui si struttura, il luogo
in cui è messo in scena, non in modo logico e razionale
L’individuazione è per Jung un processo di
differenziazione, che tutti possono sviluppare potenzialmente e che porta
allo sviluppo della personalità individuale
Jung si interessò vivamente ai fenomeni religiosi, ai testi
sapienziali, alle pratiche ascetiche sia occidentali che orientali. Commento al
libro del Bardo Thodol, commentò gli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, ma lo fece non da storico delle religioni né da antropologo
ma da psicologo sempre rimarcando la superficialità ed inutilità e falsità degli
scimmiottamenti dell’Oriente da parte degli occidentali. Jung si rivolgeva
all’Oriente perché specchiandosi in esso l’Occidente potesse fare una
necessaria autocritica rispetto alla uilateralità della sua visione
estrovertita: l’enfasi attribuita alle funzioni intellettuali e all’Io come
elemento supremo della psiche. Volgersi all’Oriente significava per lui aprirsi a
valori opposti quali appunto l’introversione, il decentramento
dell’Io,l’importanaza della vita immaginativa. Questo avrebbe dovuto
correggere l’unilateralità della coscienza e psiche occidentali e questo in
consonanza con una delle idee centrali del pensiero iunghiano: l’integrazione
degli opposti. Le persone, la società sono tanto più sane quanto più riescano
a tenere insieme tendenze e valori
opposti tra loro. Un altro motivo era l’intento di individuare al di
sotto delle diverse forme dei prodotti culturali e dei comportamenti
umani, delle strutture universali di organizzazione della psiche, le stesse che
si possono ritrovare nei sogni , nei deliri degli psicotici. Questa qualità
dell’approccio di Jung all’Oriente dovrebbe smentire l’idea di uno Jung
mistico, irrazionale. Piuttosto Jung era un “visionario” con forte capacità
intuitiva come Nietzsche ch’egli annoverava, insieme a Schopenhauer, tra i suoi
maestri, e che considerava una sorta di suo doppio. Ma nello stesso tempo da
buon kantiano era spirito empirico e scientifico: “non fare mai alcuna
supposizione, ma accertare i fatti”, “credo più ai fatti reali che alle
teorie”
Colpisce di Jung la
sterminata cultura , il suo immerggersi in campi del sapere (filosofia,
etnologia, religione, antropologia, alchimia, alla gnosi e all’ermetismo) che
riusciva a collegare, poi, alla psiche
perché il suo interesse centrale era comprendere la psiche. Ma nello tempo colpisce il suo spirito empirico che
caratterizza sia la sua teorizzazione che la pratica analitica e gli
insegnamenti impartiti agli allievi, e che va a sfatare quell’idea
convenzionale e molto diffusa, di uno
Jung mistico, appassionato di esoterismo. Ma forse il fascino e la presa che
Jung ha sul lettore risiedono proprio nella molteplicità dei suoi interessi nella complessità della sua psiche,in questo connubio tra spiritualità ed spirito empirico,
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