L’Inchiesta chiude. Che tristezza! C’è sempre tristezza
quando una cosa finisce e soprattutto quando questa cosa non avrebbe dovuto
finire ma, semplicemente, soccombe a una serie di contingenze: di tipo
economico, la disaffezione per la lettura, l’avanzare di Internet che ci
sommerge di informazioni gratuitamente, e che scardina quel vecchio rituale
giornaliero (per molti primo atto quotidiano) del comprare il quotidiano e,
magari, di leggerlo seduti al tavolo di un bar mentre si fa colazione. L’Inchiesta
ha avuto un arco di vita lungo dato che nasce negli anni’90, sia pure
costellato da vicende alterne: momenti di difficoltà alternati a periodi di
grande successo. L’Inchiesta ha rappresentato non solo uno strumento di
informazione fondamentale per i cittadini e di sviluppo culturale considerando
l’ampiezza dei temi che vi venivano ospitati: dalla politica, ai fatti di
cronaca, a temi più specificamente colti,
al focus speciale e puntuale sulle questioni emergenti locali. Raccoglieva
una pluralità di punti di vista che potevano esprimersi liberamente e
democraticamente. Uno spazio in cui poteva esercitarsi la “critica”, uno spazio
di denuncia e perciò di funzione civile e di etica pubblica . Che cos’è un
paese senza possibilità di potersi esprimere e poter esercitare la critica? E’
un paese che viene amputato di una parte del suo livello di democrazia.
Nell’antichità, anche nei regimi assolutistici che sicuramente non erano
democratici, esisteva il parresiastés colui che diceva la verità a rischio anche
della propria vita. I sovrani lo tolleravano e guai a non averlo! Ebbene
sull’Inchiesta si è avuta la possibilità di esercitare il diritto di critica in
piena libertà, senza mai alcun taglio di un articolo o alcuna censura. Certo
non si rischiava la pelle come nell’antichità ma, pure, si rischiava di
suscitare il malumore di alcuni se non l’astiosità spesso palese e disturbante.
Ma l’Inchiesta è stata anche una palestra di apprendimento ed esercitazione per
molti giovani che sulle pagine dell’Inchiesta si sono fatti le ossa. Io stessa
invitata, dal direttore Stefano di Scanno, fin dalla sua nascita a scrivere per
il giornale, ho imparato a scrivere e a
sperimentare una modalità diversa.
Con la chiusura dell’Inchiesta se ne va un pezzo di storia
cassinate. Cassino, perde molto: un giornale locale esprime sempre una certa
identità di quel paese. A me personalmente mancherà l’opportunità di dire la
mia sulle molte cose che osservo nel
paese e che non mi piacciono, e di dirlo pubblicamente. Non è la stessa cosa
che dirlo su un blog. Una sorta di lutto, la perdita dell’Inchiesta, che si
aggiunge a quelli collezionati durante quest’anno: la fine dell’illusione o
meglio della speranza che gli uomini, a fronte di una crescita cognitiva non
indifferente, fossero diventati migliori, l’illusione che l’eguaglianza e la
parità di diritti tra uomini e donne fosse vicina. La guerra in Ucraina e le tristi vicende dell’Iran hanno spazzato
via ogni illusione.