Ho sempre pensato che il filonazismo di Heidegger non
fosse solo un errore storico ma toccasse
l’essenza del suo pensiero filosofico.(Ma, a provare ad esprimerlo, immancabile
la risposta: “La deviazione filonazista non inficia la genialità di uno dei più
grandi pensatori del’900!” Risposta che si appaiava quasi sempre
all’affermazione: “Però non ho capito cosa significhi esattamente l’Essere!”
Bah!) Me lo dicevano alcuni contenuti,
l’ ambiguità e il messianesimo di alcune affermazioni, l’attivismo, il
decisionismo, lo spirito antidemocratico(ambiva in quanto pensatore a diventare
Fuhrer del Furher)il gioco e l’uso del linguaggio (Adorno definisce il linguaggio heideggeriano “una caricatura
alla tedesca della cabalistica”),un linguaggio ipnotico che utilizza appunto i
modi delle tecniche ipnotiche: l’alternanza delle ridondanze,
dell’indeterminatezza e vaghezza dei vocaboli usati,l’uso di alcuni vocabili
che alludono all’assegnazione di un compito e alla responsabilità (chiamata,
decisione, destino,..). E tale idea si
confermava, poi, in seguito, attraverso la lettura di Löwith, Adorno, Luckács, Marcuse,la
testimonianza di Ernesto Grassi,
attraverso la lettura delle biografie di Otto e Farias, ma soprattutto del lavoro compendioso di
Emmanuel Faye (“Heidegger ,
l’introduzione del nazismo nella filosofia”) che, attraverso, una lettura
puntuale dei testi heideggeriani mostra come il pensiero filosofico stesso
fosse fortemente impregnato di ideologia nazista.Non si era trattato di una
deviazione momentanea, culminata
nell’appello del 3 novembre del 1933 agli studenti tedeschi in cui Heidegger
sostenne che solo il fuhrer rappresentava “nel presente e nel futuro la realtà
tedesca e la sua legge”.Anzi dopo il’35 il suo nazismo si era radicalizzato:
nel 1940 esaltava la motorizzazione della Wehermacht come “atto metafisico” e
nel 1941 definiva la selezione razziale come “metafisicamente necessaria” per
arrivare, dopo la fine del nazismo, a negare l’esistenza dell’Olacausto, cosa
che non poco ha influenzato il revisionismo e il negazionismo.( Ma Heidegger ha
fortemente influenzato una schiera di suoi seguaci “filosofi” religiosamente
dogmatici e irrazionali. Tipiche le loro espressioni: “ Heidegger ha già detto
tutto!” , “Lo criticano perché non lo hanno capito!”) Secondo Faye, Heidegger contribuì
filosoficamente alla elaborazione della dottrina hitleriana ponendosi egli stesso
come guida spirituale del nazismo. D’altra parte non è casuale, come svela Lowitt,
la sua propensione al comando, a voler essere e a voler fare da maestro, il che
lo portava a circondarsi di uno stuolo numeroso di allievi fedeli di su cui aveva un forte
ascendente. Come giustamente ha sottolineato Löwitt “l’elemento fondamentale
della sua azione sui discepoli non fu l’anticipazione di un nuovo sistema, ma
al contrario l’indeterminatezza del contenuto e il carattere di pura chiamata”
anche se “il nichilismo interno, il nazionalsocialismo di questa pura
risolutezza di fronte al nulla , rimasero in un primo tempo nascosti”(cit. in
Faye, E. pag.17). Heidegger si estrometteva dal Logos! Faye denuncia anche l’opera di falsificazione
dei suoi scritti operata da Heidegger dal 1945 in poi dopo la sconfitta del
nazismo. Il giudizio di Faye è radicale
e implacabile: Heidegger non merita la qualifica di filosofo e la sua
opera merita “ di figurare nelle biblioteche di storia del nazismo e non in
quelle di filosofia”.
Adesso arriva la notizia del ritrovamento di nove
quaderni (solo pochissimi ne conoscevano l’esistenza) sui quali Heidegger dagli
anni trenta fino al 1975, un anno prima della morte, ha fermato i suoi pensieri
più reconditi ed autentici. Ebbene questi scritti confermano pienamente
l’antisemitismo di Heidegger che assume, secondo quanto afferma Donatella Di
Cesare, ordinario di Filosofia Teoretica presso la sapienza di Roma, presidente
della Heidegger Gesellshaft, una chiara connotazione filosofico-metafisica.
Prossimamente, in primavera, tre quaderni saranno pubblicati e sicuramente
porteranno a rivedere molte cose nella interpretazione e valutazione dell’opera
heideggeriana. Intanto si riaccendono le vecchie ma ancora attuali questioni.
Si può essere indulgenti con un grande filosofo che ha fatto un ambiguo e
torbido uso della filosofia?Può un pensiero di alto livello essere distinto dai
comportamenti concreti? Può il sapere prescindere dall’etica e dalla responsabilità verso il
mondo? Domande che si sintetizzano in un unico problema di fondo della
filosofia: il rapporto della razionalità filosofica con la politica, il
rapporto della teoria con la prassi. Di sicuro Heidegger è l’esempio lampante
di come anche la “genialità” ha una sua zona d’ombra, in cui l’intelligenza
rischia di soccombere al male. Jung avrebbe detto:molta luce, molta ombra!
Ma a che cosa deve servire la filosofia se non
all’esame critico dei fatti, se non all’esercizio razionale del pensiero, se
non al progresso umano e dell’intelletto, se non a quell’affrancamento della
psiche dall’indistinto, dall’ambiguità irriflessiva?
Non so se rallegrarmi per aver visto giusto
o se provare un profondo malessere per l’uso che del pensiero e della filosofia
è stato fatto da Martin Heidegger,osannato come uno dei maggiori filosofi
del’900!
Nessun commento :
Posta un commento