Davvero di una “grande bellezza” il film di Sorrentino che,
nonostante il taglio provinciale e i moduli italianamente caricaturali della
recitazione, ha vinto il Golden Globe
come migliore film straniero.
Viene
fatto di chiedersi: “Ma dove l'ha tirato fuori, Sorrentino, un film così?” Un
film tragico e metafisico che va al di là delle vicende di un giornalista
mondano (Jep Gambardella, il protagonista) narciso e indolente, impastoiato nei
giochi mondani di una Roma fatua, superficiale, instancabilmete festaiola e
dedita ai riti dell’ apparenza, che ricorda per alcune citazioni la Roma
felliniana. La domanda sul senso e sul significato della vita viene fuori
all'improvviso, nel pieno dei riti mondani sempre identici, uguali a se stessi,
dei giochi, dei rituali, delle mode soggette, nella mescolanza di sacro e profano, al vincolo delle
convenzioni sociali, nel grigiore delle piccole e grandi miserie umane, anche. Magistrale
la rappresentazione del mondo della
chirurgia estetica e della monaca santa! Attuale quella della
performance dell’artista di turno che, dopo aver preso la rincorsa, schiaccia violentemente la testa contro un
muro cadendo svenuta a terra (Non
facciamo confusione con Marina Abramovic però!). Tragica la rappresentazione
della bambina costretta ad esibirsi in una estenuante prova di pittura dinanzi
ad amici ed intenditori d’arte, strumentalizzata da una famiglia narcisa e
insensibile.(Non ci ricorda i molti genitori di oggi che esibiscono i figli
utilizzandoli come proiezione narcisistica del proprio sé?). Superba la
interpretazione di Servillo che non finisce di stupire, forse eccessivamente
istrionica e “paesana” ma che pure era
essenziale alla resa del film. Mai il cinema italiano si era spinto così
criticamente e ferocemente e
coraggiosamente (ho pensato agli americani American
Beauty e Truman Show ) nell’esame dei piccoli vizi quotidiani, degli affanni, dei
vezzi, dei piccoli giochi di potere, delle falsità, del narcisismo devastanti
dell’umanità contemporanea. (Perché i vizi e le manie descritte, declinati, sì,
italianisticamente, non appartengono solo all’animale-uomo italico ma anche a quasi tutta l’umanità occidentale.
Ed è per questo che il film ha incontrato il consenso ed il plauso all’estero:
perché è stato facile riconoscervisi!) Una critica che non risparmia nessuno: nobili, intellettuali,
prelati, chirurghi, signore, suore.
Un
‘operazione, quella di Sorrentino, difficile che riesce quasi sempre solo agli
americani!
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