La storia inizia
con il protagonista Piscine Molitor
Patel (detto PI) che racconta la sua avventura ad uno scrittore che vuole farne
una storia.Il flasback ci fa vedere un piccolo (e poi adolescente) PI curioso,
sensibile (è convinto che anche gli animali abbiano un ‘anima), irrequieto che
si interroga su se stesso, sul mondo, su
Dio trovando una singolare soluzione: l’adesione d un sincretismo religioso che
mette insieme, induismo, cristianesimo, islam. A causa delle precarie
condizioni politiche dell’India degli anni ’70 la famiglia di PI decide di
trasferirsi in Canada . S’imbarcano, dunque, insieme ad un certo numero di
animali da zoo su un mercantile. Ma la nave naufraga in pieno Oceano Pacifico e
PI si ritrova da solo su una scialuppa da salvataggio insieme ad una zebra, un
orangotango, una iena, una tigre. Da questo momento in poi si dipana una storia
inverosimile ed avvincente, un viaggio
attraverso periodi torridi e periodi di tempesta e molte disavventure
che durerà 227 giorni, un viaggio però che è un percorso spirituale. Quasi
subito PI rimane da solo con la tigre
perché la iena ha ucciso la zebra e l’orangotango e la tigre, a sua volta, la
iena. Pi imparerà a proteggersi dalla tigre ma l’aiuterà anche a sopravvivere,
raccoglierà l’acqua piovana per essa e pescherà pesci perché sa che è un
carnivoro e deve evitare in questo modo di diventare egli stesso cibo per
l’animale. E’evidente il significato
simbolico, psicologico dell’animale: la tigre è la violenza interna di PI,
violenza con cui PI deve fare amicizia, imparare a convivere se vuole evitare
di essere “sbranato” cioè travolto dalla violenza. PI imparerà a lottare per la
sua sopravvivenza pur essendo consapevole di essere impotente e di essere in
balia del fato. Arriverà alla fine, stremato, su una spiaggia messicana e la
tigre, con cui ha stabilito un rapporto speciale, fuggirà e lui si sentirà
abbandonato. Questa molto succintamente la trama del film.Non di un film per
bambini si tratta come apparentemente si potrebbe pensare dal titolo e dal
manifesto del film ma di una bella, avventurosa
storia, densa di significati spirituali e psicologici e aperta a
molteplici letture. Non ultima l’esaltazione del valore del coraggio, della
tenacia e della fede, il valore dell’accettazione delle cose e del sapersi
muovere con il ritmo del mondo, il sapere accettare ciò che viene senza
ribellione perché è nella natura delle cose ,valori questi e dimensioni
psichiche più consoni al mondo e alla civiltà orientali. Ma è proprio da questa
capacità, dal sapersi muovere in sintonia con il respiro del mondo, senza fare opposizione ma senza perdere la
voglia di lottare che si mobilitano le risorse
e la forza per la sopravvivenza. Ma mi piace sottolineare due altri
punti. PI, verso la fine del film, dice che tutta la vita è un separsi
(aggiungerei fino alla separazione ultima e definitiva) ma non è questo il
problema: è nella natura delle cose, della vita che procede solo grazie alle continue piccole e grandi
rotture e separazioni, ma, piuttosto, il non farlo senza potersi congedare
senza potersi dire addio. PI, come rimpiange l’abbandono della tigre che si è
allontanata frettolosamente e senza esitazione, così rimpiange di non aver
potuto ringraziare suo padre per tutti gli insegnamenti che gli hanno
consentito di sopravvivere al naufragio e al pericoloso viaggio in mare. MI
viene fatto di pensare come, oggi, i nostri incontri, quelli fugaci come quelli
più durevoli nel tempo, non rispettino i tempi giusti: troppo veloci
nell’entrare in relazione (hanno un che di aggressivo) , superficiali nella
loro incapacità di stare pienamente nella relazione (si ha paura), bruschi ed
elusivi nel congedo (si ha fretta di scappare dalla relazione). La relazione è un processo intersoggettivo che
si dispiega nel tempo: da un momento iniziale che origina da un bisogno,
attraverso un momento centrale della soddisfazione, fino al momento finale del completamento. Infine la
pausa. (E’ ciò che i gestaltisti definiscono: precontatto, contatto pieno,
postcontatto, ritiro).
Negli ultimi
minuti del film, il protagonista racconta di aver fornito agli inquirenti della
compagnia giapponese cui apparteneva la nave naufragata,venuti ad interrogarlo,
un’altra versione dei fatti: sulla scialuppa c’erano Pi (la tigre), il cuoco
cattivo (la iena), un marinaio (la zebra), l’orangotango. Il cuoco cattivo ha
usato il corpo del marinaio morto come esca per i pesci; alle rimostranze della
mamma di PI il cuoco ha ucciso la donna, PI ha ucciso il cuoco. PI chiede al suo interlocutore quale racconto
preferisca. Ma anche gli spettatori, è evidente, sono chiamati a scegliere. L’interlocutore preferisce il primo, quello
della tigre che è ammansita dalla tenacia di PI, quello che narra la possibilità di coabitazione di uomo e
animale e, dunque, da un punto di vista psicologico, la possibilità di
integrare l’umanità di noi con gli aspetti più pericolosamente istintivi
di noi.
Ma non è importante la storia che si sceglie ma,
piuttosto, sottolineare ( del resto il film lo fa) come il raccontare, dare
senso agli eventi, sia fondamentale per noi esseri umani. Noi siamo le storie che ci raccontiamo, storie che
modifichiamo costantemente secondo i nostri
bisogni e al di fuori della nostra consapevolezza. Ogni volta ci raccontiamo la storia che ci piace di più, quella che soddisfa i
nostri bisogni più profondi, quella che ci far stare meglio: ne va della nostra
identità. E allora: BUON ANNO E BUONA NARRAZIONE!
1 commento :
Buonasera,mi trova pienamente d'accordo con il suo scritto,questa sera ho avuto l'occasione di vedere il film per la prima volta,veramente fantastico..a tratti commovente,e pieno di indiscutibile bellezza,la stessa che ho trovato nelle sue parole,in linea con i concetti profondi ed eterni che il film descrive..
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