Maurizio Ferraris,
che da tempo ormai ha preso le distanze dall’ ermeneutica per approdare ad un
“nuovo realismo”, è al centro della riedita
polemica tra realismo e costruzionismo. Si ripropone dunque, l’unico, vero,
difficile problema : quello del nostro rapporto con la realtà, con il mondo. Da
Platone, agli Scolastici,a Cartesio, a Leibniz, a Kant, fino a i nostri giorni,
tutti i filosofi vi si sono confrontati.Certo
non si tratta del relismo ingenuo galileiano perché la scienza,(ormai è
acquisito) non rivela verità assolute simili a quelle di cui disporrebbe la
Divinità. Sicuramente l’ipotesi del “realismo” sembra convincere di più
rispetto a quelle antirealiste perchè va incontro al senso comune, come se
fossimo biologicamente programmati ed
orientati al realismo. Noi, infatti, frequentemente verifichiamo che le cose
continuano ad esistere anche se non
stimo a guardarle. Sappiamo però che la
realtà è costruita e filtrata da noi. Molte
riserve nei confronti delle posizioni non realiste derivano, come vuole Hilary
Putnam, dal fatto che non riescono a
spiegare una serie di fatti: ad esempio come teorie scientifiche sviluppatesi,
indipendentemente, in contesti diversi, riescano a convergere, o perché portino
a “predizioni riuscite”… Ferraris ci piace meno però quando afferma
che alla fine solo i sensi non ci ingannano .Perché, come le neuroscienze
dimostrano, la nostra stessa percezione è un’interpretazione della mente cioè il nostro cervello ci mette sempre
qualcosa nella percezione della realtà, non è mai passivo. ( Dai neuroni non dipende il fatto che ci sia
una ciabatta ma il modo in cui io la vedo)
Magari ci piace e ci convince
molto di più l’urgenza etica che il ragionamento di
Ferraris sottende allorché lamenta che il costruzionismo non è senza
conseguenze sul piano etico e politico: “Le necessità reali, le vite e le morti
reali, che non sopportano di essere ridotti d interpretazioni, hanno fatto
valere i loro diritti, confermando l’idea che il realismo (così come il suo
contrario) possieda delle implicazioni non semplicemente conoscitive, ma etiche
e politiche”(Il manifesto del nuovo realismo, pag. XI)
Il tutto per sottolineare come la filosofia,
per quanto abbia fini metodi ed obiettivi suoi specifici, non può non fare i
conti, nella teoria della conoscenza, con i risultati della ricerca scientifica.
Dopo di che lo specifico della filosofia rimane indagare sulla possibilità di
altre dimensioni dell’esistenza, sull’etica, su
mondi ideali possibili, sulle faccende umane, su ciò che è desiderabile
costruire e sviluppare per accrescere l’umanità del mondo. Infine,
fondamltalmente, sul senso della vita.
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