Rossella Guerini (Università-Roma 3). “L’attenzione e il multitasking: che cosa riusciamo a fare
simultaneamente?” Va subito
sgombrato il campo dalla falsa credenza che si possano fare più cose in contemporanea. A volte si ha la
sensazione che questo possa accadere ma di fatto una delle due attività è svolta in modo
automatico cioè preriflessivo, al di fuori dell’attenzione cosciente.
Utilizziamo sempre l’attenzione? La risposta è
no. Diversi studi nell’ambito delle scienze cognitive dicono che quando uno
stimolo arriva dall’esterno viene processato in automatico (processo bottom up):
noi prestiamo attenzione solo ad un limitato numero di stimoli provenienti
dall’ambiente. Per mantenere l’attenzione focalizzata su un determinato stimolo
c’è bisogno di risorse cognitive specifiche e di reclutare le aree prefrontali.
Ma nel momento in cui facciamo questo
c’è una serie di altri stimoli che arrivano dall’ambiente e che possono interferire
con il processo in atto, non solo, ma che possono farci incorrere in errori. Per riportare
l’attenzione sul compito dobbiamo fare uno sforzo. L’attenzione è un meccanismo
psichico complesso e fragile perché subisce influssi dagli stimoli esterni
(rumori, suoni, eventi…) e da quelli interni: ricordi, emozioni, ansia,
preoccupazioni, motivazioni (ad esempio il piacere di fare una cosa). SE siamo
impegnati in un compito e
contemporaneamente facciamo un’altra cosa le difficoltà di mantenere vigile il
nostro livello di attenzione aumentano.
Inoltre, la nostra attenzione sul compito può essere fuorviata da stimoli molto
forti che ci attraggono in automatico. Al di fuori della consapevolezza,
infatti, l’ attenzione può essere catturata da alcune caratteristiche dello
stimolo attraverso un processo preattentivo che si chiama pop- out. Gli errori
attentivi derivano dalla confusione di attributi percettivi collocati in un
determinato tempo e spazio mentre stiamo cercando di compiere un’azione. Ad
esempio la trasposizione di sequenze di un programma d’azione che si inserisce
su un altro programma d’azione che stavamo per compiere . Un errore può essere
quello di stendere la crema da barba sullo spazzolino; un errore di confusione
spaziale è prendere la borsa piuttosto che il libro; un errore di confusione
temporale è andare sul posto di lavoro e accorgersi che è un giorno festivo. E’ difficile mantenere stabile il livello
d’attenzione. L’ansia deprime fortemente l’attenzione sul compito. Esistono
comunque tecniche per facilitare il potenziamento dell’attenzione
consapevole(mindfullness). Va anche
sottolineato però che la fragilità dell’attenzione (la tendenza a spostare il
focus su stimoli nuovi) è importante per la sopravvivenza: è stata ereditata
dai nostri progenitori che dovevano difendersi da elementi pericolosi ed improvvisi.
Molti
nostri comportamenti vengono svolti in maniera preattentiva cioè al di fuori
della consapevolezza: ci capita di ritornare a casa dopo il lavoro facendo il
tragitto in automatico senza prestare attenzione. Si tratta di compiti che sono
diventati automatici dopo un apprendimento sistematico. Tali compiti sono
coercitivi, si producono in automatico. Possono essere inibiti dal controllo
conscio ma con conseguenze indesiderabili :se vado in bicicletta ( lo faccio
ormai con una modalità automatica) se
comincio a riflettere sui vari movimenti si verifica un’interferenza sulla
capacità automatica e rischio di cadere.
La relatrice ha sfatato anche
false credenze, rassicurando i presenti su alcuni fenomeni disfunzionali della
nostra vita: il dimenticare, ad esempio, che suscita la preoccupazione di molti
(il timore dell’Alzheimer!), spesso è semplicemente la conseguenza di una
disfunzione dell’attenzione. Sto per uscire di casa e prendo la borsa, ma
arriva una telefonata. Ormai uscita mi rendo conto di aver dimenticato la
borsa: semplicemente lo stimolo della telefonata ha distolto la mia attenzione
da quello che stavo facendo. Dovrebbe essere chiaro perché non è bene
telefonare e guidare nello stesso momento!
(Questo report è ovviamente parziale e non esaustivo della
ricchezza e complessità della relazione
svolta dalla relatrice)
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