Nicola Canessa (Professore presso
lo IUSS di Pavia)”Che cosa ci guida nelle nostre scelte economiche?” (La
ricerca del prof. Canessa si applica
ai meccanismi della scelta e della decisione anche economica e, dunque,
si sviluppa anche nell’ambito della neuroeconomia.) La neuroeconomia è un
ambito di ricerca interdisciplinare volto a costruire un modello neurobiologico
dei processi inferenziali e decisionali, sottesi alle scelte, attraverso
l’integrazione dei risultati di molteplici settori quali: neuroscienze,
economia, psicologia cognitiva, intelligenza artificiale. Le metodiche usate,
strettamente legate allo specifico tema di studio, vanno dall’uso degli
strumenti di neuroimaging (fRMS, Pet),
ai metodi di stimolazione transcranica
allo studio delle basi genetiche. Essa si applica allo studio dei
seguenti temi: “Come prendiamo decisioni razionali?” “E si tratta veramente di
decisioni razionali?” “Quali sono i correlati neuronali delle nostre
decisioni?” “Quanto le nostre decisioni possono essere alterate dalla
psicopatologia?” Il tema di fondo della
neuroeconomia è il dilemma tra emozioni e ragione: quanto siano determinanti le
prime o la seconda Tra i temi analizzati anche: come le nostre decisioni siano
influenzate da quello che succede agli altri, cioè come ci comportiamo quando non abbiamo un punto di riferimento per
valutare il nostro Sé e usiamo gli altri come termine di paragone.
Attraverso alcuni esperimenti si è visto come
le persone tendano ad avere un comportamento di equità nella suddivisione delle
risorse. IN un esperimento la consegna è: ti do
10 euro e tu devi decidere come dividerli con un altro che può essere la
prima persona che incontri. Si nota che il soggetto sperimentale tende a dare
almeno tre euro. Siamo più prosociali di
quanto pensiamo, il che da un punto di vista economico è irrazionale in
quanto razionalmente dovremmo tendere a voler guadagnare di più. Ma il nostro comportamento equo è razionale
da punto di vista sociale. Potrebbe, tra
l’alto, essere il prodotto di emozioni molto forti: immaginiamo che l’altro
rifiuterebbe una proposta più bassa come la rifiuteremmo noi. È interessante
notare che quando la suddivisione diventa 8/2 viene accettata se proposta da un
computer ma viene rifiutata se proposta dall’essere umano perché ci si aspetta
da un essere umano un livello diverso di comportamento prosociale. A livello cerebrale, nel caso del
rifiuto, si attivano strutture che hanno a che fare con l’integrazione
visceromotoria (enterocezione). E’ attivata l’insula ( la parte anteriore media
le sensazioni soggettive connesse agli stati corporei e alle emozioni) che ha
la capacità di sentire come sta il corpo, soprattutto quando si trova in situazioni
di disagio o quando si sperimentano emozioni negative. L’insula si attiva,
inoltre, quando proviamo emozioni di disgusto. Ora nella situazione su esposta
(l suddivisione8/2) le persone riferiscono di aver provato rabbia, il che fa
pensare che abbiano provato delle emozioni abbastanza vicino al disgusto. Se le
persone accettano proposte molto basse,
tende a livellarsi la differenza di attivazione tra queste aree e quelle del
controllo cognitivo come se, per accettare proposte basse, si dovesse inibire l’insula che spingerebbe invece a
rifiutare. La decisione è l’esito finale dell’integrazione di una serie di
meccanismi funzionali (tra cui fondamentale l’anticipazione di gratificazioni e
punizioni ), fenomeni di livello
superiore, un particolare stile
decisionale associato a determinati caratteristiche personalità. Tra gli
esperimenti classici è quello della lotteria. Si propone al soggetto
sperimentale questo tipo di scelta: se esce testa guadagni un euro se croce mi dai € 10. Generalmente si rifiuta ma se si sale con le cifre le scelte cambiano.
Si arriva ad un punto in cui le scelte dei soggetti si invertono, non solo, ma
c’è un momento di massimo conflitto in
cui i soggetti sono indecisi su che cosa fare.
Comunque tutte le nostre
decisioni derivano dalla integrazione tra impulsi dal basso e controllo
cognitivo dall’alto. In alcune patologie
il controllo cognitivo viene meno per cui il soggetto, come per il paziente di Damasio, Mr. Elliott,
dà luogo a comportamenti irrazionali ed emotivamente disregolati. Tutte le
nostre decisioni si legano a comportamenti del perseverare o esplorare nuove
possibilità di comportamento. Dilemma: perseverare o esplorare? Esploriamo
quando ciò che abbiamo scelto non ci soddisfa più e vogliamo altro. In alcune psicopatologie
il controllo cognitivo viene meno. Nel cocainomane in fase di “craving”, la
spinta all’assunzione è fortissima: è sufficiente immaginare il piacere dato
dall’assunzione di cocaina per attivare comportamenti riprovevoli pur di uscire
dalla situazione spiacevole del momento e procurarsi la sostanza.
Questi casi sono interessanti e
sono alla base di studi economici che hanno portato Kanheman al Nobel. La
teoria delle decisioni si basa sul tentativo di identificare delle regole che
in astratto ci dovrebbero permettere (quando abbiamo buona parte delle
informazioni) la scelta ottimale. La
base della teoria è il concetto di valore atteso: quanto posso guadagnare,
quanto posso perdere da quella determinata scelta Generalmente le nostre scelte
economiche si basano sul “valore atteso”:“Quanto posso perdere, quanto
possoguadagnare?”.
Avere tutte le informazioni su quanto posso guadagnare o quanto posso perdere da una data scelta e sulle rispettive probabilità mi consente, integrando le informazioni, di poter stabilire il valore atteso di quella particolare scelta. Generalmente riteniamo una scelta razionale quella che ha il valore atteso più alto. Generalmente proviamo un’avversione al rischio perché il nostro cervello si sofferma di più sull’ avversione alle perdite. L’avversione alle perdite è una caratteristica del nostro cervello. Sembrerebbe che danni dell’amigdala ci rendano meno avversi alle perdite e più disponibili al rischio. La via meso- cortico- limbica, la via della dopamina, (collegata ai meccanismi della ricompensa e del piacere) è alla base delle scelte e dei processi decisionali.
Avere tutte le informazioni su quanto posso guadagnare o quanto posso perdere da una data scelta e sulle rispettive probabilità mi consente, integrando le informazioni, di poter stabilire il valore atteso di quella particolare scelta. Generalmente riteniamo una scelta razionale quella che ha il valore atteso più alto. Generalmente proviamo un’avversione al rischio perché il nostro cervello si sofferma di più sull’ avversione alle perdite. L’avversione alle perdite è una caratteristica del nostro cervello. Sembrerebbe che danni dell’amigdala ci rendano meno avversi alle perdite e più disponibili al rischio. La via meso- cortico- limbica, la via della dopamina, (collegata ai meccanismi della ricompensa e del piacere) è alla base delle scelte e dei processi decisionali.
L’iniziatore della neuro economia
può essere considerato Antonio Damasio,il quale, alla metà degli anni 90 del
‘900, rispolverò il caso di Pineas Cage
(risale al 1848), il soggetto che aveva cambiato personalità a seguito
dell’esplosione di una mina che aveva fatto si che una sbarra di ferro (1948)
gli perforasse il cervello nella zona della connessione tra la regione frontale sinistra,temporale sinistra,
frontale destra e la struttura limbica sinistra. Damasio si applicò allo studio del rapporto tra
cognizione ed emozione nel processo di scelta. In particolare si occupò dei
deficit decisionali a causa della lesione della corteccia prefrontale ventro-
mediale. Egli utilizzò il test noto come IOWA GAMBLING TASK. I soggetti devono
estrarre una carta da uno dei quattro mazzi di carte, sapendo che ogni
carta fa vincere o perdere una quantità
variabile di denaro. I mazzi vengono organizzati in modo che due di essi permettono di far vincere
inizialmente, ma successivamente fanno
perdere grandi somme. Gli altri due permettono di vincere ma anche di perdere
somme minori rivelandosi vantaggiosi nel lungo periodo. Il compito richiede di
imparare dall’esperienza che alcune mazzi
sono svantaggiosi a lungo termine e di resistere alla tentazione di
continuare ad estrarre carte da essi. Soggetti con lesione nella regione prefrontale ventro-mediale
hanno difficoltà con il compito.. Essi mancano dell’attivazione emotiva associata con il rischio della scelta,
mancata attivazione che si verifica anche nelle fasi avanzate del gioco quando
sono consapevoli della pericolosità dei mazzi. Questi fenomeni possono essere
spiegati dall’ipotesi del “marcatore somatico” (Damasio). Le nostre scelte con
le loro conseguenze, insieme alle reazioni emotive, si fissano nella nostra
memoria. Ne deriva un segnale emotivo che guida inconsciamente le nostre scelte
successive segnalandole come desiderabili o meno. Cruciale in questo meccanismo
è la corteccia prefrontale ventro- mediale che agisce come elemento integratore
tra fattori cognitivi ed emotivi.
L’ipotesi del marcatore somatico assegna un ruolo centrale alle sensazioni
viscerali, in un processo che si svolge dal basso lo verso l’alto (bottom up)
(Questo report è ovviamente parziale e non esaustivo della
ricchezza e complessità della relazione
svolta del relatore)
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