Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

martedì 4 settembre 2018

perché andiamo in vacanza'? Il bello della vacanza è tutto nel desiderio, nei preparativi...



L’etimologia del termine vacanza rimanda ad una condizione di assenza di lavoro, senza vincoli utilitaristici, caratterizzata da benessere e piacere fine  se stessi. L’estate è per essenza il tempo di vacanza per il semplice fatto che essa rimanda  al godimento, alla sospensione  degli obblighi, dei pensieri e degli affanni. E quale stagione della vita è connotata da tali caratteristiche se non la giovinezza cui  l’estate simbolicamente rimanda? E’ per questo che in estate talora si ridiventa un po’ adolescenti e si folleggia.  Si immaginano avventure, incontri determinanti per la vita, cambiamenti e soprattutto piacere e godimento Ma per i più l’importante è “staccare la spina e mollare”.  Perciò le vacanze e la loro organizzazione diventano l’evento centrale e agognato dell’intero anno. Ma non per tutti. Molti anni fa, uno dei grandi  della psicoterapia ,Michael Balint, in un testo all’epoca famoso e fondamentale (The Basic Fault,) distinse due caratteristiche di comportamento: l’ ocnofilia e il filobatismo. La prima è tipica di chi tende a stringere forti legami di dipendenza dalle figure significative, legami che si estendono anche alla professione, ai  luoghi, al paese di abitazione. La
seconda caratteristica appartiene, invece, a quelli che provano piacere nelle situazioni brivido, avventurose e che tendono ad instaurare relazioni improntate a distanza e ad autonomia. E’ evidente che l’ocnofilo in vacanza non andrà mai (al solo pensiero va in ansia!) contento e sereno  della ripetitività dell’esistenza, magari un po’ noiosa ma così priva di affann i e di incertezze! Il filobate, invece, è il vacanziero nato. Ma le cose non sono semplici per lui.La dittatura del divertimento  (a tutti i  costi) e della felicità organizzata nonché l’agonismo, tratto specifico della  nostra epoca   ( anche la vacanza è una gara e diventa  indicatore di status e successo sociale), che pervade anche quello che dovrebbe essere per definizione sciolto da qualsiasi obbligo, cioè il piacere, fanno della vacanza una nuova fatica. A facilitare le cose lo psicologo di turno recita: “Per fare una buona vacanza occorre conoscere i propri bisogni (quelli genuini e non quelli indotti) e le proprie motivazioni.” Ma sta di fatto che pochi sanno ascoltarsi e i più non riescono a resistere alle offerte e alle mode del momento per ritornare poi, a fine vacanza, più insoddisfatti e stanchi di prima.  E’ per  questo che secondo Alain De Botton (così veniva citato nel Corriere della Sera di giovedì scorso)dovrebbero esistere delle “agenzie di viaggio psicoterapeutiche” che ci aiutino a capire appunto di che  cosa abbiamo bisogno e che cosa cerchiamo nella vacanza estiva e scegliere di conseguenza .Ma, noi che pratichiamo una psicologia non ingenua sappiamo che” vacanza può essere un po’ tutti i giorni” se non ci lasciamo travolgere dai troppi affari ed impegni, se recuperiamo il piacere delle pause (“l’intervallo perduto!”), se impariamo  a concederci  giornalmente quella dimensione di gioco che è fonte di benessere e vitalità  e a prenderci, di conseguenza, cura di noi. Sappiamo anche che l’unico vero, ormai incoffessabile bisogno di fondo (contrabbandato dalla parole ricerca di relax e liberazione dallo stress), è quello di trovare, diciamolo, un po’ di felicità. V’è, dunque, un’eccedenza dell’aspettativa riposta nella vacanza che non  può trovare soddisfazione! Ed è per questo che si rimane delusi anche se pochi sono disposti ad ammetterlo. Ritornare felici e soddisfatti e raccontare mirabilia è un altro imperativo che la società ci impone. Ma la verità è anche un'altra :   il piacere è nell’attesa, così insegna il Poeta . Il bello della vacanza è tutto nel desiderio, nei preparativi, in cui  sogniamo chissà quale benessere,quali incontri, quale cambiamento e trasformazione potranno verificarsi. E la vacanza immaginata procura piaceri di gran lunga maggiori di quella reale.  
Noi, disincantati, godiamo di una tranquilla, un po’ noiosa  e salutare vacanza gianolense, allietata qualche sera  dalla presenza di quei quattro cinque amici stimabili e amabili: di più  non riusciremmo a contarne, in pieno accordo con quanto ci avvisa Dunbar* che di numeri se ne intende!

*Dunbar, antropologo, ha stimato che l’essere umano non può mantenere più di 150 contatti stabili (dato che dovrebbe far riflettere chi vanta centinaia di amici su face book) e che non possiamo avere più di cinque relazioni amicali significative. Ma di questo ci eravamo già accorte! 


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