Neurobiologia animale, costruzioni di genere e violenza
contro le donne: non tutto dipende da TeststeroneRex
Nella settimana del 25 novembre il paese ferve di
iniziative. Sacrosante e dovute: non dobbiamo mai stancarci di denunciare atti
di violenza contro le donne. Violenza è anche quella esercitata contro le
donne, spesso madri, che muoiono in mare dopo il naufragio dei barconi. E la
lotta contro la violenza deve anche
allargarsi a quella contro ogni classe debole e senza potere. Mi riferisco ai
bambini e agli animali. Non è senza senso il riferimento alle violenze contro
gli animali. Negli scritti femministi dell’800, ma anche nella letteratura
dcell’epoca (Collins, Dickens) è
frequente l’identificazione della donna con l’animale che rimanda appunto alla
condizione di esseri privi di diritti.
Tale identificazione è presente anche nell’immaginario sessuale violento dei
maschi. Fruste, morsi, lacci, costituivano il linguaggio del romanzo pornografico
dell’epoca, in cui la donna, appunto, viene sottomessa, dominata privata della
sua autonomia e soggettività. La violenza domestica esercitata contro le donne
era statisticamente elevata: venivano picchiate, prese a calci, mutilate,
ustionate, accecate. Venivano sottoposte a torture non troppo lontane da quelle
inferte agli animali dalla
vivisezione. Frances Power Colbe, giornalista e
femminista, colse appunto, all’epoca, la connessione tra violenza domestica,
oppressione femminile e vivisezione degli animali.( Si riteneva che le donne
avessero una scarsa sensibilità dolorifica.) Se ne parlava talora sui giornali
ma nelle indifferenza di tutti. La Colbe, inoltre, individuava nella dipendenza
economica dal marito una sorta di violenza insita nel matrimonio. Ma il tutto
affondava nell’idea dell’inferiorità morale, intellettuale e fisica della
donna. La biologia, la medicina e la psichiatria dell’epoca offrivano una
giustificazione al pregiudizio nei confronti della donna. Considerando che
tutti i processi vitali sono rivolti alla riproduzione gli organi genitali erano determinanti nella
vita della donna e in tutte le sue manifestazioni. La donna era un involucro
costruito intorno ad un utero: era una macchina di riproduzione e basta.
Ovviamente c’era una certa dissidenza nei confronti di questo pensare e sarebbe
molto interessante dilungarsi su questo. Ma ritorniamo al punto fondamentale.
La violenza contro le donne è un fenomeno complesso e come tale esclude una
spiegazione univoca e vuole una molteplicità di concause. Negli ultimi anni, il tema si è arricchito di molta psicologia,
la quale indaga sulle dinamiche psichiche che portano le donne a scegliere
maschi violenti e quest’ultimi a scegliere donne potenziali vittime: si
indagano le modalità di attaccamento (Bowlby,
Main) che caratterizzano sia le une che gli altri, le storie di vita
pregresse, il clima familiare di origine e ci si rivolge anche alla
psicopatologia. Ma tra le c ause, la più gettonata da sempre è la spinta
biologica: i maschi erediterebbero filogeneticamente l’istinto predatorio dei fratelli animali, i quali, secondo Darwin,
lottano e competono per il possesso delle femmine secondo il principio di
accoppiamento indiscriminato volto alla riproduzione. Dunque l’aggressività
maschile nei confronti delle donne sarebbe solo questione di testosterone. Testosterone Rex è il termine coniato ironicamente da Richard Francis per colpire l’idea, molto diffusa ma errata, del
testosterone come attore supremo della storia: capace di competizione, di
acquisizione di stato sociale, di
capacità di accaparramento di risorse materiale e di ricchezze, e capace di
dominanza sessuale. Dunque l’uomo violento sarebbe agito da impulsi biologici
atavici, potenti e assolutamente resistenti all’azione del modellamento
culturale. La biologia, secondo alcuni, darebbe ragione dell’alta frequenza di
casi di violenza a danno delle donne.
Ma la motivazione biologica, che pure ha la sua parte, accusa
ormai parecchi colpi sotto l’avanzare dei risultati della ricerca scientifica
in neurobiologia animale e psicologia comparata. Studi sul comportamento
sessuale di animali non molto evoluti, quali possono essere i pesci ciclidi,
mostrano come gli eventi sociali ( ambientali) possano regolare gli eventi ormonali.
Gli ormoni non sono un destino. Se si castra un pesce territoriale ( è quello
che protegge il territorio di riproduzione e difende con estrema aggressività
il suo stato) e lo si pone in una vasca con un maschio non-territoriale integro
e delle sue stesse dimensioni, il maschio castrato continua ad essere dominante
(Francis et al.1992).La competizione per l’accoppiamento,, lo status e le
risorse, sulla stregua del comportamento animale, sono stati considerati obiettivi maschili per il successo
riproduttivo. Ma come ricerche recenti
evidenziano (Pew Research Center)
sembra che le donne abbiano superato gli uomini nella competitività e
nell’attribuire importanza al successo in carriere altamente rimunerative e
prestigiose, mentre dare la precedenza, nella
vita, alle cure parentali sembra che sia diventata una caratteristica
comune, parimenti, anche ai maschi. Non sono, dunque, il sesso né gli ormoni a
creare comportamenti maschili e femminili ma la cultura. Ma dai pesci saliamo,ora, lungo la scala
evolutiva, ad animali più complessi e geneticamente vicini agli umani: i bonobo che sembrano rimettere in
discussione lo stereotipo del maschio cacciatore e predatore. Essi sono una
tipologia di primati, simili per alcuni versi agli scimpanzé, che Darwin sicuramente non conosceva dato
che sono stati identificati negli anni ’30 del ‘900 e studiati dagli anni’70 in
poi. In queste comunità la sessualità è molto diffusa ed è parte di tutte le relazioni
sociali. Ma la riproduzione è limitata: una femmina partorisce un piccolo alla
volta ogni 5-6 anni. Dunque la sessualità è gioco, mezzo di socializzazione
solo parzialmente identificabile con la riproduzione che non è un obiettivo primario. Dunque sembrerebbe che la biologia
possa essere ricompresa e riorganizzata in schemi relazionali e sociali. I
bonobo sono capaci di interazioni sessuali “ face to face” e di comportamenti
riparativi dopo il conflitto: attraverso un abbraccio o un bacio sulla bocca.
L’attività sessuale è la strategia utilizzata per evitare il conflitto del tipo
“facciamo l’amore e non la guerra”. Le femmine, con grande gioia delle femministe
hanno uno status sociale privilegiato e dominante. I maschi rimangono legati
alle madri e il loro stato sociale
dipende da quello della madre. Ma questo, al contrario di quanto accade
per gli umani, non determina turbe
relazionali. Le società dei bonobo sono pacifiche ed egualitarie. Tra i bonobo
sembrerebbe che le tecniche di socializzazione abbiano riorganizzato i
comportamenti di genere cioè la cultura
sembrerebbe avere la meglio sulla biologia. Gli stereotipi e le costruzioni di genere (sono costruzioni sociali) hanno un forte peso
sui comportamenti degli uomini e delle donne ed agiscono a livello inconscio,
al di fuori della consapevolezza. Sappiamo,
ormai, che gli organismi viventi sono sistemi dinamici che si sviluppano e riorganizzano
in rapporto all’ambiente in cui vivono. Nel caso di noi umani, la nostra
biologia si intreccia con i valori, le norme, le aspettative, schemi e credenze
della cultura d’appartenenza e che permeano le nostre menti. E’ evidente che si
rende necessario un enorme riassetto di tutto ciò se vogliamo ridurre il numero
di quelli che danneggiano le donne. E’ ora di smetterla di attribuire la
responsabilità alla biologia dell’uomo.
Ci vorrà ancora molto tempo ma andiamo verso un futuro in cui sarà possibile
dire, come vuole Cordelia Fine :“Addio Testosterone Rex!”( Non vogliamo eliminare gli uomini,
assolutamente no, ne abbiamo bisogno e li amiamo. Vogliamo semplicemente
prendere le distanze dalla falsa credenza che responsabile delle violenze
contro le donne sia, fondamentalmente, la biologia dei maschi e non la cultura.)
Maria Felice Pacitto (psicologa, psicoterapeuta, filosofa
della mente)
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