In quest’epoca
definita “l'età della relazione” ci lascia davvero perplessi la notizia che ci
arriva dalla Gran Bretagna: le scuole migliori, in termini di risultati, sono
quelle dove gli studenti sono separati per sesso. La stessa cosa accadrebbe
negli Usa dove, per quanto non molto diffusa, la scelta di dividere i sessi è
una realtà ormai consolidato.
I fautori della
separazione tra sessi affermano che gli stili, i ritmi di
apprendimento
sarebbero diversi nei maschi e nelle femmine. Quindi un'educazione basata sulla
separazione andrebbe a potenziare le specificità e le capacità individuali. Ma
il rispetto delle caratteristiche di ognuno,
intese in termini di gusti, tempi, ritmi di apprendimento diversi,
propensioni, è ciò che da sempre viene (o dovrebbe) essere osservato in ogni
pratica educativa scolastica (e familiare) a prescindere dalla separazione dei
sessi o meno.Piuttosto la questione apre a tutta una serie
di problematiche teoriche ed epistemologiche molto discusse nell'ambito del
femminismo teorico e filosofico:rimettein discussione la questione delle differenze di genere, la questione
dell'essenzialismo (esiste un'essenza del femminile?), la questione dell’esistenza
di una conoscenza ed epistemologia specificamente femminili, infine la
questione delladifferenza dell'organizzazione neurale.( Su quest'ultimo
punto tra l'altro c'è ancora poca ricerca in merito e non consolidata).
Tralasciamo le prime complesse questioni e soffermiamoci sull’ultima. Le neuroscienze ci dicono che non ci sono
al mondo due cervelli uguali per il semplice fatto che la nostra materia
cerebrale si sviluppa in costante interazione con l'ambiente, per cui ogni
cervello è diverso da un altro per il semplice fatto che le esperienze di
ognuno sono diverse da quelle di qualsiasi altro. Quindi se le femmine vengono
educate in modo diverso dai maschi faranno esperienze diverse e perciò i loro
cervelli saranno diversi. Il che ovviamente non significa che ci siano diverse
abilità cognitive in generale (una volta si riteneva che le femmine avessero
meno abilità logico-razionali!) ma che magari alcuni circuiti apprendono ad
essere allertati più di altri. Ad esempio i maschi tendono ad essere più
aggressivi delle femmine perché l'educazione inibisce l'aggressività di
quest'ultime. Il che significa che i circuiti coinvolti nei meccanismi
dell'aggressività sono più allertati nei maschi piuttosto che nelle femmine, le
quali apprendono fin da piccole a reprimere l'aggressività. Paradossalmente la
pratica della separazione andrebbe a rinforzare quelle differenze per
rispondere alle quali la pratica stessa viene adottata e con tutto quello che
ne consegue in termini di questioni femminili
e di stereotipi rispetto alle capacità ed alle abilità delle donne. Dall’affermare che maschi e femmine sono diversi in quanto a ritmi e stili di
apprendimento (e perciò andrebbero educati separatamente) all’affermare che
donne e maschi sono adatti a lavori diversi il passo è breve! Passo che
metterebbe fortemente a rischio tutte le conquiste fatte negli ultimi tempi
dalle donne in termini di pari opportunità di accesso al lavoro. La pratica della
separazione è stata abbandonata in Italia fin dalla fine degli anni 60 in funzione della pari opportunità dei generi.
Sarebbe un vero regresso reintrodurla, soprattutto in tempi come questi in cui
vengono segnalati, quasi ogni giorno, episodi di violenza estrema
nei confronti delle donne. Dove e in che modo i maschi e le femmine dovrebbero
imparare ad interagire tra loro, a conoscersi in quanto persone, a
rispettarsi, a non violare il confine del corpo, se non a scuola?
Oggi una
educazione alla relazionalità è una emergenza. Per arrivare ad avere una
società diversa in cui maschile e femminile possano convivere pacificamente,
integrandosi, senza prevaricarsi, occorrono una frequentazione quotidiana, una
sana e buona coabitazione, che solo la scuola può dare a cominciare fin dalla Scuola
dell'infanzia. La contrapposizione tra sessi viene appresa molto precocemente (“le
femmine sono bastarde” diceva un bambino
di cinque anni) e così gli stereotipi relativi ai comportamenti di genere .“Un
bambino si è comportato come un fifone” raccontava un altro scolaretto di
ritorno a casa, il primo giorno di scuola alludendo al pianto disperato di un
compagno. Una bambina, magari, si sarebbe espressa con termini diversi: “ Una
mia compagna ha pianto quando i genitori l’hanno lasciata”. E’ dalla prima infanzia
che incomincia a strutturarsi l’idea che per le donne sia lecito avere emozioni
e sentimenti ma che la stessa cosa non valga per i maschi che devono crescere
duri e forti. Il passo successivo può essere che per i maschi sia lecito mortificare le donne
e magari anche picchiarle. Che cosa ci si potrebbe aspettare da maschi
senza emozioni e sentimenti?(Il testo è una parte di un mio articolo pubblicato
in data 12-10 sul quotidiano L’Inchiesta
)