C’è qualcosa di tremendamente
offensivo nei confronti delle donne nei report della vicenda di Firenze sia in
quello dei media (vedasi l’affermazione di un giornalista in una delle
trasmissioni –news televisive di tarda serata) che degli imputati. Mi riferisco
al dubbio sottile innescato, prima della confessione del primo carabiniere,
dalla sottolineatura della assicurazione stipulata a favore delle due ragazze
dalla Università americana, quasi a far
capire che ci fosse un interesse economico da parte delle due a denunciare un
falso stupro. E poi la affermazione del sindaco di Firenze “Si deve sapere che
andare in italia non è andare a
Dysneland” come a dire “se la sono andata a cercare”. Infine la confessione del
primo carabiniere: “era consenziente”. E poi il secondo “Sono loro che ci hanno
invitati”. Insomma secondo gli imputati non di stupro si è trattato: stupro è
quando l’atto sessuale viene estorto con
una violenza visibile accertata e inoppugnabile. Ma se non di stupro
sicuramente di abuso si tratta. Si intende per abuso un atto sessuale consumato
in una situazione impropria, in una condizione di disparità di ruolo e
psicologica e priva di consenso. Caratteristiche tutte presenti nel caso. Quale
consenso potevano dare ragazze ubriache
non lucide, non in grado di riflettere e decidere? Quale consenso potevano dare
ragazze che si trovavano in una condizione
psicofisica debole e di dipendenza psicologica? Non è forse abuso un atto
sessuale subito da un soggetto nei confronti del quale al momento si è in una
condizione di subalternità e di dipendenza psicologica? Perché la violenza sessuale è stata consumata da un
soggetto che era nel pieno delle sue funzioni professionali ( funzioni di
pattugliamento notturno della città). Quando un atto sessuale è consumato
abusando delle condizioni fisico-psichiche deboli dell’altro la violenza è
implicita!. Non c’è bisogno di segni di violenza esteriore. Ma anche se le
ragazze fossero state sobrie, comunque, i due carabinieri mai avrebbero dovuto
derogare dai loro compiti professionali offrendo un passaggio né tanto meno
entrando in casa delle ragazze. Ma non è su questo che voglio soffermarmi. La
violenza dei maschi italiani sta diventando il problema che fa temere per la
tenuta civile di questo paese. Ultimo il barbaro assassinio di Noemi, uccisa in
modo efferato senza alcuna pietà, con le pietre. Se negli anni’60 le ragazze
straniere arrivavano in Italia con il mito del maschio italiano bello, cortese
e impareggiabile corteggiatore (Maurizio Arena era l’icona del tempo) oggi c’è
solo da scappare dai maschi in Italia. Questo è l’immagine del paese che si va
diffondendo in Italia e fuori.Il paese in cui è stata uccisa Noemi non è molto
lontano da Avetrana, altro luogo in cui si consumò, anni fa, un delitto
parimenti atroce e barbaro. Terre che rimandano ad una psiche arcaica,in cui vigono
riti e modalità ancestrali di comportamento, in cui dominano la legge del
sangue e della famiglia, terre in cui i padri e le madri difendono e coprono i
figli assassini; terre in cui la psiche tribale non si è mai evoluta in psiche
collettiva. Terre in cui quel passaggio “dall’uso della clava alla parola” che
segna come ci narra Sigmund Freud ne
Il
disagio della civiltà, il passaggio dalla barbarie alla civiltà sembra
non essersi ancora verificato.
Ma perché gli uomini sono
violenti e stupratori?Fino agli anni ’70 del secolo scorso si riteneva che
l’Homo sapiens fosse l’unico primate ad essere gratuitamente violento. Ma
proprio in quegli anni si verificò un fatto che cambiò radicalmente tale
visione. In un Parco della Tanzania, alcuni scimpanzé uccisero un maschio della
comunità di Kahama che si era allontanato dal suo gruppo e, successivamente, furono uccisi tutti i maschi della comunità. Si scoprì
anche che gli scimpanzè erano capaci di violenze sessuali: se le femmine si
rifiutano le prendono con la forza dopo averle picchiate. Si dedusse che gli
scimpanzé e gli uomini tendono allo stupro e all’assassinio perché discendono
da un comune antenato (la cosa risalirebbe a 5 milioni di anni fa, quando gli
antenati degli scimpanzé e i nostri erano indistinguibili). Tuttavia questa
teoria non spiega come mai i Bonobo ( una specie di scimpanzé) non si
comportino allo stesso modo. Sembrerebbe chela diversa attitudine dei Bonobo
dipenda non dai geni ma dalla struttura
sociale. Nella società dei Bonobo i maschi e le femmine sono codominanti : i
maschi difendono la comunità e il territorio dai maschi estranei e le donne
sono solidali e alleate nel difendere la prole. I maschi mai attaccherebbero le
femmine perché sanno che queste subito si alleerebbero. Il potere femminile, che
non elimina quello maschile, crea una società diversa. E , anche se c’è una
gerarchia, la femmina dominante rispetta la sottoposta. Il potere femminile fa
da modello ai maschi. C’è da ripensare l’idea che l’aggressività e la violenza
sessuale sia un prodotto fondamentalmente dei geni e degli ormoni . Le molte
ricerche fatte sul rapporto tra androgeni (testosterone) e aggressività non ci
portano a nessuna conclusione definitiva. Se è vero che in soggetti antisociali
e delinquenziali sono stati riscontrati alti livelli di testosterone (l’ormone
connesso all’aggressività) è anche vero che soggetti, che hanno assunto, in via
sperimentale, testosterone non presentavano una modificazione dei livelli di aggressività. Gli studi sui Bonobo, piuttosto, dimostrano
quanto le pratiche educative, i legami sociali, la connessione con la comunità
di appartenenza siano determinanti per i
nostri comportamenti. I nostri fratelli Bonobo possono insegnarci qualcosa!
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