(già pubblicato su L'INCHIESTA VENERDI' 8 MARZO 2019)
“Le domande che dobbiamo porci.. e a cui dobbiamo trovareuna risposta in questo momento di transizione sono così importanti da cambiare,
forse, la vita di tutti gli uomini e di tutte le donne per sempre .
E’ nostro dovere ora continuare a pensare….
Pensare,pensare, dobbiamo. Non dobbiamo mai smettere di pensare”(Virginia Woolf, Le tre ghinee)
Il film di Marco Tullio Giordana affronta il ben noto tema delle molestie contro le donne, una violenza talora subdola ed ambigua, che utilizza, spesso, la condizione di bisogno o di indigenza della vittima. A questo tipo di condizione appartiene la vicenda narrata dal film. Una giovane donna, che ha necessità di lavorare, viene molestata da uno dei proprietari dell’istituzione in cui lavora, il quale si fa forte del suo ruolo e della condizione di sottoposta della donna. La vicenda, con tutti i dettagli squallidi che la accompagnano ( ostracismo da parte delle altre donne che lavorano nello stessa organizzazione in cui lavora la vittima, le collusioni dei maschi, la strumentalizzazione da parte del sindacato,ecc..) è molto ben rappresentata, con garbo, misura. Una trama asciutta che, in qualche sua parte, avrebbe meritato una qualche complessificazione ma che proprio per la sua essenzialità determina l’efficacia della denuncia. Quello, che può essere considerato un film documento, nella sua essenzialità trova la sua efficacia. Un film necessario, dunque!.
Quest’anno il tema delle molestie è stato sollevato dal fenomeno Me-too che ha denunciato il
sistema-molestie nell’ambito dell’industria cinematografica. Dunque, alcune donne si sono alleate e hanno
denunciato. Certo, non è facile attaccare un sistema, ma non è neanche difficile quando si è in una
posizione di autonomia economica e di successo manifesto e quando si vive in un paese puritano, gli
USA, dove un presidente è stato costretto a dimettersi per aver mentito su un
tradimento coniugale. Un fenomeno che non ha avuto presa in Italia, paese più
ipocrita o, semplicemente, moralmente più disinvolto. Ma Metoo non è un
fenomeno di rivolta femminista . Quello del ’68 si sviluppò a seguito di un
grande movimento di controcultura, iniziato negli USA, che arrivato in Europa e
in Italia affrontò molti nodi relativi
al mondo femminile: dalla rivendicazione di alcuni diritti fondamentali al tema
della sessualità, della maternità e della soggettività femminile. Movimento che
avrebbe dato i suoi frutti in ambito politico e in quello della riflessione
filosofica. Rimase però fondamentalmente un fenomeno elitario, legato ai
circuito delle città che toccò appena la provincia, Fondamentalmente non incise
sulla massa delle donne. Il movimento Metoo, come molta altre manifestazione a
favore del femminile, presenta la limitatezza della prospettiva: non si capisce
che il problema delle molestie è strettamente collegato a quello dell’autonomia
delle donne, a quello della loro soggettività ed identità, dell’indipendenza
economica, al tema della maternità e al
modo di intenderla. Negli anni ’70 il tema dei diritti e della soggettività
erano legati insieme e svilupparono un’ampia gamma di posizioni differenti. La
questione dell’identità e della soggettività erano una rivendicazione ma fondamentalmente
un interrogarsi. C’era una forte pars destruens
che aveva voglia di liberarsi di identità false ed imposte, di identità introiettate di cui si subiva la
tirannia e con cui era difficile confrontarsi e difficile liberarsi. Quelle
donne distrussero le identità false e posticce, imposte dall’esterno ma
introiettate ed assorbite quasi osmoticamente. Non fu facile. C’è da chiedersi
cosa sia arrivato di tutto quel lavoro alle giovani generazioni di oggi. Oggi
le ragazze sono consapevoli dei propri diritti
politici, dell’uguaglianza, della possibilità di avviarsi a qualsiasi tipo di
carriera.Ma ho la sensazione che in profondità non sia cambiato molto. Non ci
si interroga: “che cosa sono io e che
cosa voglio essere” Da Metoo ci saremmo aspettate qualcosa in più. Una
messaggio fortr però arriva da Metoo: le donne
hanno fatto alleanza ( cosa non sempre facile nel mondo femminile) e
sono state produttive, almeno negli USA.
Molte le questioni che la tematica della molestie può
suscitare e non solo quella specifica: “C’è un confine tra molestia e violenza?’”,
“ Cosa fanno le madri per educare le figlie al rispetto del proprio corpo sì da
pretenderlo anche dagli altri?”, “Che cosa significa la parola corpo per le
persone?”, “Si può educare al rispetto del corpo?”. Ma prioritaria la domanda fondamentale:
“Perché gli uomini ritengono lecito accedere al corpo femminile?” La seconda
considerazione, consequenziale, è che non esiste una “teoria della libertà femminile”,
il che apre a questioni di tipo anche ontologico ed epistemologico. Rimanda
infatti alla domanda ineludibile “Chi è la donna”, “Chi vogliamo essere?”,
“Come vogliamo svilupparci?”, “Come vogliamo presentarci al mondo?”, “Come
vogliamo rappresentarci?”
Intanto: abbiamo il
coraggio di contrastare il potere
esistente,
dissentiamo,
ribelliamoci alla pornografia,
alla prostituzione,
all’utero in affitto
a qualsiasi forma di
mercificazione del corpo femminile,
proteggiamo e
rispettiamo in nostro corpo
non esibendolo: non ne
abbiamo bisogno,
rinunciamo ad
attenzioni o presunte tali,
osiamo, di fronte a
qualsiasi approccio che vada oltre la galanterie,
un gesto chiaro come quello del
Bartleby di Melville
“Preferirei di no”
Maria Felice Pacitto
Nessun commento :
Posta un commento