VI Convegno
Cassinate di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze
L’Io precario. Coscienza,
responsabilità, controllo
SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE IN
NEUROETICA E FILOSOFIA DELLA NEUROSCIENZE
(aperta agli
allievi della Scuola Secondaria)
5 aprile
(Con il patrocinio
della Società italiana di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze)
ABSTRACTS
La
centralità della persona nell’MBP. Dal soggetto solipsistico cartesiano alla
teoria della costituzione di Lynne Rudder Baker
Maria
Felice Pacitto
Centro Psicologia
Umanistica ed Analisi Fenomenologico Esistenziale
La
grande rottura, nella storia della filosofia, operata da Cartesio fu nell’aver
posto, per primo, in termini moderni il tema dell’identità : “Che cosa sono,
dunque, io?” E’ nota la risposta cartesiana da cui deriva una grande responsabilità per il successivo
sviluppo della filosofia e sotto
molteplici versi. Il cartesianesimo ha determinato la dicotomia tra due diverse
polarità dell’umano, privilegiando il mondo mentale interiore, producendo il
distacco dalle dimensioni della corporeità e del contesto ambientale e portando a concepire l’autonomia del mentale.
Ha, inoltre, legittimato l’introspezione come meccanismo attendibile di
autoconoscenza. Contro tale impostazione, dagli anni’50 in poi, hanno reagito
studiosi (Rorty, Strawson, Ryle,), in alcuni dei quali è presente
l’acquisizione della filosofia fenomenologico-esistenziale (Grene), che
sottolineano come il mentale è solo un aspetto dell’ umano ma che, piuttosto,
questo vada cercato nell’ambito delle
valutazioni, dei comportamenti, del fare. Questo significa che il mentale va
ricollegato all’ambiente e al contesto in cui la persona vive e fa esperienza. Centrali nella nuova prospettiva sono il
concetto di embodiment (Margolis), che darà luogo a sviluppi estremamente
significativi, e di agency. Il tentativo di sottrarre l’Io-Soggetto
all’astratta sfera mentalistica porta ad estendere ciò che si chiamava mente in
una dimensione più ampia e complessa della mente stessa: “la persona”,
caratterizzata da una irriducibile “sistematicità olistica” (Grene). In questo
scenario ultimo, la teoria della costituzione
di Lynne Rudder Baker si pone come la teoria più interessante, disponibile oggi,
compatibile con i risultati delle neuroscienze, in grado di giustificare la
persona come agente morale.
Il dualismo mente-corpo:
interazionismi, parallelismi, monismi da riduzione e senza riduzione
Miriam Aiello
Università Roma 3
L’esperienza
ordinaria ci spinge ad autorappresentarci come entità personali dotate di una
forte unità psico-fisica. Tuttavia, in questa esperienza profondamente unitaria
alberga un’intuizione dualistica: è
la mente a sentire il dolore di una scottatura che si è procurata la mano con
un gesto maldestro ai fornelli, è la volontà di un bicchier d’acqua fresca che
spinge il corpo ad alzarsi dal divano e ad andare a procurarsela, etc.
Tradizionalmente si attribuisce a Cartesio la formalizzazione di questa
intuizione problematica: con la distinzione tra res cogitans e res extensa,
il filosofo francese mette capo all’idea che la mente e il corpo siano sostanze
tra loro distinte, con proprietà di natura eterogenea e che, in
virtù di tale radicale eterogeneità ontologica, non possano interagire causalmente tra loro. A partire
dall’inquadramento della tesi dualista sul rapporto mente-corpo/cervello,
esamineremo le opzioni teoriche elaborate dalla filosofia della mente moderna e
contemporanea per rendere conto della relazione tra stati mentali e stati fisico-cerebrali:
·
interazionismi: interazionismo
“classico”, interazionismo “triale”;
·
parallelismi: parallelismo psico-fisico;
armonia prestabilita; occasionalismo;
·
monismi da riduzione: fisicalismi
(teoria dell’identità; epifenomenismo); psicomorfismo;
·
monismi senza riduzione: monismo
anomalo.
Morale, Neuroscienze e biologia
Paolo Zecchinato
Università degli Studi di Cassino
Che
cosa possono dire le neuroscienze e la biologia sulla genesi e sulla portata
della morale? Sono neutre o rappresentano una minaccia? Il relatore intende
segnalare acquisizioni, mancate acquisizioni e problemi ancora aperti del
programma scientifico che passa sotto il nome di “naturalizzazione della
morale”, provenienti dallo studio del cervello, dall’etologia comparata e
dall’evoluzionismo darwiniano.
La genesi storica della “coscienza
morale” nella Genealogia della morale
di Nietzsche
Marco Celentano
Università degli studi di Cassino
Secondo
le tre grandi religioni monoteistiche, i precetti morali fondamentali
provengono da una fonte trascendente, ovvero esterna all’uomo, e infallibile:
stabiliti da Dio, custoditi nei libri sacri, essi sono eterni e immutabili.
Secondo
la concezione del filosofo Immanuel Kant, che ha influenzato tutto il pensiero
morale successivo, ogni essere umano porta scritta dentro di sé una “legge
morale” che è connaturata alla razionalità umana, e perciò autonoma, non
dipendente da fonti esterne. Essa impone di agire secondo principi che potremmo
considerare “universali”, cioè validi in ogni circostanza, e di trattare se
stessi e gli altri uomini “come fini e mai come mezzi”.
Secondo
l’idealismo storicistico di Hegel, l’intera storia umana è leggibile come la
graduale presa di consapevolezza e realizzazione di un fine etico inscritto
nella ragione umana fin dai suoi albori.
Secondo
Herbert Spencer e altri filosofi evoluzionisti e utilitaristi del tardo
Ottocento, i precetti morali si tramandano per eredità biologica e culturale,
perché si sono rivelati utili alla comunità.
Nietzsche,
nella seconda dissertazione della Genealogia
della morale (1887), intitolata “Colpa”,
“cattiva coscienza” e simili, tenta di demolire tutti questi approcci
tradizionali, dimostrando che i “tu devi”, gli obblighi morali, che il singolo
individuo sente come qualcosa di “naturale” e di “interiore”, sono in realtà il
prodotto di un processo storico millenario in cui la maggioranza degli esseri
umani è stata indotta, attraverso premi e punizioni, abitudini di vita e
credenze religiose e metafisiche, a interiorizzare e ad assimilare i doveri
imposti dai costumi sociali e dai poteri vigenti, fino al punto di sentirli
come qualcosa di spontaneo e di sacro.
Secondo
l’’ipotesi esposta da Nietzsche, e più tardi ripresa da Freud[1],
il nucleo più antico del “senso di colpa” e della “coscienza morale”
derivò, in particolare, da due grandi “metamorfosi” che, agli albori della
‘civiltà’, sconvolsero la vita degli esseri umani:
·
quella “eliminazione di un enorme
quantum di libertà” che prese avvio quando alcuni gruppi umani iniziarono ad
asservirne altri con la forza e a sfruttarli;
·
il diffondersi, attraverso le religioni,
e i monoteismi in particolare, della
convinzione che ogni uomo fosse costantemente sotto lo sguardo vigilie e
implacabile di un dio giudice.
Questa
duplice condizione, di privazione di libertà e di induzione alla convinzione di
essere sempre sotto il controllo di un potere infallibile, portò gradualmente
l’essere umano ad introiettare quell’occhio
giudicante, facendolo divenire un
occhio interno, un guardiano
interiore, un censore mentale, che la tradizione cristiana chiamò “voce
dell’anima” e il pensiero moderno “coscienza morale”.
Mente e computer: un’analogia ancora plausibile?
Rodolfo Giorgi
Università di Pisa
A partire dalla seconda metà del secolo scorso, le tesi
funzionaliste si sono affermate gradualmente nel dibattito filosofico
contemporaneo ponendo l’accento sull’organizzazione funzionale della mente e
sul ruolo causale che gli stati mentali possiederebbero all’interno del nostro
apparato cognitivo. Secondo il funzionalismo, ciò che qualifica uno stato
mentale non è tanto la sua costituzione interna bensì il ruolo determinato che
esso riveste nell’apparato cognitivo a cui appartiene. Un’immagine efficace usata dal funzionalismo
è infatti quella relativa all’analogia mente-computer: il linguaggio di un
sistema computazionale potrebbe essere paragonato alla nostra mente per
comprendere come gli stati mentali siano essenzialmente stati funzionali. Gli
stati mentali si potrebbero descrivere come funzioni di passaggio da inputs
sensoriali a outputs comportamentali, mentre diversi tipi di stati fisici
realizzerebbero gli stati mentali secondo il principio della realizzabilità multipla.
Lo scopo di questa lezione è illustrare l’evoluzione
storica dei problemi affrontati dal funzionalismo e riflettere sulle
implicazioni attuali che questa prospettiva può avere nel dibattito odierno
sulla mente. Saranno considerate anche le osservazioni più critiche nei
confronti della visione funzionalista per cercare di comprendere se, in
definitiva, la ricerca filosofica possa ancora avvalersi dell’analogia
mente-computer al fine di analizzare il rapporto tra il cervello ed il dominio
del mentale.
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