Di questi tempi il tema delle vacanze diventa caldo e
foriero di conflitti . Al mare o in montagna? O , magari, non sarebbe meglio a
casa, solo semplicemente smettere le attività
lavorative ed evitare lo stress dei viaggi e dei bagagli? Vacanze in famiglia o
vacanze separate? Soluzione, quest’ultima, sempre più diffusa perché la
convivenza rischia di logorare i legami, anche quelli più solidi e di lunga tenuta. Magari un breve distacco
aiuta a smaltire animosità e risentimenti, a riconsiderare le cose, a
rivalutare il/la partner e a sentirne la mancanza. Ma esistono anche quelli che
in vacanza non vanno mai perché questa viene vissuta come una sorta di “vuoto”,
di assenza di quei “puntelli” costanti, di quelle coordinate consolidate, che
regolano e definiscono l’esistenza senza i quali hanno la sensazione di
perdersi. In questi casi si struttura una v era e propria fobia delle vacanze.
Tutte le soluzioni vacanziere sono buone purchè raggiungano
l’obiettivo per cui vengono (o dovrebbero essere) fatte: aumento del benessere
e godimento.
Le vacanze, è ormai noto, hanno un forte effetto antistress
e ,quindi, considerando quanto lo stress sia responsabile di molte malattie, esse proteggono la nostra
vita. In uno studio longitudinale, di qualche tempo fa, durato più di quarant’anni,
condotto in Finlandia, emergeva che chi era solito trascorrere tre settimane di
vacanza, tutte di seguito, presentava un rischio cardiovascolare inferiore del
37% rispetto a chi aveva fatto ferie più corte. Lo studio evidenziava come la
gestione dello stress e la sua riduzione siano significativi per la riduzione
del rischio mortalità. Lo stesso cambiamento
dello stile di vita (smettere di fumare, alimentazione, sport, ecc..) perde
parte del suo beneficio se non si riduce lo stress. Dunque se vogliamo
veramente guadagnare salute e benessere diciamo addio al mordi e fuggi e
concediamoci vacanze lunghe.( Mi rendo conto delle difficoltà della cosa
dato che coinvolge le politiche
sociali e sanitarie del paese.)
Ma neanche le vacanze lunghe sono produttive di benefici se
non riescono a liberare la mente dai rovelli, dai pensieri, dalle ansie, dagli
automatismi mentali, che ci affliggono per l’intero anno e che rischiamo di
portare con noi in vacanza. E’ quello che va sotto il nome di wandering (divagazione mentale), un
meccanismo di funzionamento della nostra mente e del nostro cervello (default mode network ) che si verifica
al di fuori della nostra intenzionalità. Un meccanismo che ha una funzione protettiva per la nostra sopravvivenza, evoluzionisticamente
selezionato grazie alla progressiva complessificazione del nostro cervello.
Ma l’evoluzione non è perfetta: ciò che si rivela avere una funzione positiva
porta con sé anche conseguenze negative. Il
wandering si sviluppò quando i
nostri progenitori si resero conto che non dovevano difendersi solo dal
pericolo immediato ma che la tigre predatrice avrebbe potuto presentarsi anche
in futuro, in qualsiasi momento. Dunque il
wandering ha la funzione di fare previsioni, anticipazioni sul futuro, programmazioni,
utili alla sopravvivenza. Ma, nello stesso tempo, porta a rimuginare su eventi
passati negativi, su ansie e preoccupazioni future. Sì perché il wandering, proprio per la sua funzione
protettiva, si rivolge a contenuti negativi generando un forte danno per la
nostra salute psico-fisica. Infatti, ricordare quell’episodio della vita che ci
ha fatto tanto male o quell’esperienza traumatica non si risolve in un semplice
ricordo ma attiva i medesimi meccanismi fisiologici (aumento in circolo
dell’ormone dello stress, ecc..)che furono coinvolti in quel momento. Dunque se
vogliamo fare buone e salutari vacanze
mettiamo in parentesi pensieri negativi ed afflizioni, spegniamo, come dicono i
meditatori mindful, il “pilota
automatico”. Come farlo? Portando l’attenzione sul momento presente, su
quello che accade momento per momento: viviamo pienamente ogni momento quotidiano con
consapevolezza mentale e corporea. Una macchina fotografica con un obiettivo
non adeguatamente focalizzato produce immagini sfocate. La presenza mentale può
essere, appunto, paragonata ad una macchina fotografica con un obiettivo ben
focalizzato: essa ci aiuta a mettere a fuoco la nostra v ita e a viverla
pienamente. Non è semplice praticare l’attitudine della presenza mentale ma ci
si può provare utilizzando la nostra sensorialità (udire, toccare, vedere,
gustare, respirare) che ci radica nella realtà e nel momento presente.
Buone vacanze Mindful!
Maria Felice Pacittlo
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