Report della dott.ssa Maria Felice Pacitto: "Come nascono le emozioni e come evolvono nel corso della vita"
( L’esposizione della problematicità dello studio delle emozioni, una
rassegna delle principali teorie psicologiche e neurofisiologiche delle
emozioni, l’ evoluzione delle emozioni durante il ciclo vitale il collegamento dei risultati della ricerca al
quotidiano ).
Le emozioni sono state poco studiate perché
difficili da studiare: per l’ambiguità del linguaggio con il quale si esprimono
le emozioni, per l’estrema soggettività dell’esperienza emotiva, per vincoli di
natura etica. Per molto tempo la stessa parola emozione è stata bandita dalla
ricerca psicologica: si preferiva parlare di stress, frustrazione,
aggressività, conflitto. Condizioni emotive molto studiate fin dagli anni ’20
del ‘900. Lo studio delle emozioni pone una serie di problemi: il resoconto
verbale del soggetto sperimentale esprime veramente vissuto soggettivo? La
descrizione del proprio stato emotivo da parte del soggetto sperimentale, può
modificare il processo osservato? Un’altra complicazione deriva dal fatto che non sempre le emozioni vengono
sperimentate allo stato puro: spesso ci troviamo dinanzi alla commistione di
vissuti emotivi complessi, caratterizzati da diverse tonalità emotive.
Difficile è, infine, indurre esperienze
emotivi reali in laboratorio. Le emozioni hanno un ruolo fondamentale nella
nostra individuale e relazionale: ogni nostro andare verso il mondo è sempre un andare verso connotato da una
tonalità emotiva che esprime attraverso
l’espressione facciale, la postura del corpo, il tono della voce. Un forte
impulso allo studio delle emozioni è stato dato da Paul Ekman (1973) il quale,
attraverso una ricerca transculturale classificò le emozioni di base: rabbia, felicità,
tristezza, disgusto, paura, sorpresa. Esse sono universali e geneticamente
determinate. Tra i ricercatori v’è scarso accordo sulla definizione di che
cos’è l’emozione e sulle procedure di studio. Le emozioni si trasmettono
attraverso le espressioni facciali mediante le caratteristiche statiche del
viso ( la forma delle ossa facciali) e le caratteristiche dinamiche dei viso (
attività dei muscoli facciali) Fondamentalmente l’emozione presenta tre
componenti principali : la dimensione soggettivo- esperienziale, la dimensione
fisiologica (modificazioni fisiologiche: quello che succede nel nostro corpo
quando proviamo un’emozione)), una dimensione motorio- espressiva ( postura,
mimica). Secondo Paul Mclean, a cui si deve la concettualizzazione del
“cervello trino”, le emozioni sono la guida del nostro comportamento e svolgono
due funzioni principali: quella dell’auto conservazione e quella della
conservazione del la specie. A McLean si
deve La concettualizzazione del sistema limbico, complessa zona neuronale deputata ai processi
emotivi,in cui egli inserisce la corteccia cingolata, i nuclei talamici, la
corteccia olfattiva primaria, l’ippocampo, l’amigdala. Una concezione
considerata classica. Oggi invece si ritiene che i sistemi
emotivi siano molteplici, distinti dalle funzioni cognitive ma con esse
interagenti, mediati da sistemi cerebrali distinte ma tra loro interagenti.
Comunque, assistiamo, oggi, ad una forte
convergenza e interconnessione nello studio delle emozioni tra
molteplici ambiti disciplinari:
pedagogia(educazione alle emozioni), filosofia (la rivalutazione delle
etiche del sentimento), psicologia,
psicoterapia (le emozioni sono fondamentali per il lavoro clinico),
neuroscienze e neurobiologia animale.
Fra l’altro lo studio delle emozioni è sollecitato anche dalle emergenze
psicopatologiche: sono aumentati a dismisura i disturbi d’ansia e i disturbi
della regolazione affettiva (sia verso l’alto sia verso il basso). Nell’ambito
delle neuroscienze affettive sono rimarchevoli gli studi di JPanksepp, il
quale ha parlato di sette sistemi emotivi di base, organizzati in regioni
sottocorticali,precognitivi cioè non creati dall’apprendimento anche se possono
essere da esso modulati. La ricerca
attuale sottolinea anche il ruolo che il sistema sensoriale, che ci informa dello stato del nostro corpo,
ha per i processi cognitivi e per quelli
emotivi. Già Williams James aveva colto la stretta relazione tra corpo e
di emozioni. S. Porges ha studiato i circuiti neuronali che mediano la
comunicazione reciproca tra stati del corpo e strutture del tronco encefalico
(a loro volta connesse con i livelli superiori) attraverso il sistema nervoso
autonomo. Ma anche Damasio con l’ipotesi del” marcatore somatico” ha
sottolineato l’importanza dei processi somato-viscerali per i processi emotivi. Le emozioni sono fondamentali : per la nostra
sopravvivenza, per orientarci nel mondo, per il contributo che danno alla
strutturazione del Sé e dei meccanismi
della coscienza, perché orientano il comportamento sociale (siamo cablati per
entrare in relazione con gli altri e lo facciamo emotivamente)
La c competenza emotiva (provare
emozioni, decodificarle e regolarle) si sviluppa all’interno delle relazioni
familiari, in un clima di tranquillità e serenità. Genitori freddi distaccati
renderanno tali anche i loro figli impedendone un sano sviluppo emotivo ed
affettivo. V’è, dunque, una stretta
connessione tra “attaccamento” e sviluppo emotivo . Nelle prime fasi di
sviluppo il gioco simbolico riveste una particolare importanza per la maturazione non solo cognitiva ma anche emotiva
del bambino. Le emozioni hanno un ruolo significativo per l’intero corso della
vita.
IL “cervello frontale”, la zona cerebrale che
si è, evoluzionisticamente, sviluppata più tardi e che è specifica dell’essere
umano, ha una funzione regolatrice delle nostre emozioni. E’ importante esercitare il “frontale” se
vogliamo avere persone adulte responsabili ed eticamente sensibili. LO sviluppo
del frontale si completa intorno ai
venti anni di età, il che spiega le tempeste emotive e l’ instabilità degli adolescenti, che si
verificano sotto le spinte ormonali
quando il controllo esercitato dalla corteccia frontale è ancora
incompleto. Se la corteccia frontale viene danneggiata vi possono essere gravi
problemi per quel che riguarda comportamento sociale e morale. Si veda ad
esempio il caso di Mr Elliott, descritto da Antonio Damasio, il quale, a causa
del danno al lobo prefrontale, aveva perso la capacità di provare emozioni
(imbarazzo, senso di colpa, compassione)
e, nonostante un patrimonio cognitivo integro, difficoltà nei
comportamenti sociali e nelle decisioni e scelte vantaggiose.
Le emozioni, dunque, hanno un ruolo fondamentale nel comportamento
morale. Due sono le emozioni morali: senso di colpa e vergogna. Tra le emozioni
più studiate:la rabbia e la paura. In particolare, per quel che riguarda la
paura, se non avessimo, mentre proviamo paura, tutte le reazioni fisiologiche
correlate non avremmo la spinta ad evitare l’oggetto della paura. Perciò si può
considerare la paura come uno stratagemma della evoluzione. Nei meccanismi
della paura è coinvolta l’amigdala:pazienti con lesioni all’amigdala non
provano nessuna emozione: quando viene fatta camminare sul loro braccio una
tarantola ne hanno cognizione ma rimangono emotivamente muti.
(Questo report è ovviamente parziale e non esaustivo della
ricchezza e complessità svolta dalla relatrice)
Nessun commento :
Posta un commento