Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

martedì 31 marzo 2020

La paura in tempo di coronavirus


La paura, come le altre emozioni di base, è una reazione naturale del nostro organismo ma con una funzione particolare quella di salvaguardare la nostra sopravvivenza. Si può provare ad immaginare cosa succederebbe se ne fossimo privi: semplicemente non riusciremmo a difenderci da pericoli e stimoli  nocicettivi. Responsabile della paura è un nucleo cerebrale, l’amigdala, bene allocata nel sistema limbico, al di sotto della corteccia e all’altezza del lobo temporale. Le informazioni sensoriali pericolose arrivano, attraverso una via breve, direttamente all’amigdala che immediatamente ci avvisa del pericolo. Supponiamo di passeggiare attraverso un bosco: vediamo improvvisamente sul sentiero un qualcosa di lungo e scuro. La nostra reazione è istintiva ed immediata: arretriamo perché temiamo di esserci imbattuti in un serpente. Poi. Magari, a distanza, ci fermiamo, osserviamo meglio e ci rendiamo conto che si tratta semplicemente di un  bastoncello. A questo punto abbiamo attivato la “via lunga” cioè quella che dallo stimolo periferico arriva fino alla corteccia la quale ci aiuta a valutare e  lucidamente la situazione. Noi ovviamente abbiamo bisogno di entrambi i meccanismi. Quello legato all’amigdala che ci protegge in situazioni di pericolo in cui la nostra risposte deve essere immediata e  quello di tipo riflessivo,legato a circuiti corticali, che ci aiutano, in situazioni di pericolo, a fare giuste valutazioni e ad agire di conseguenza senza lasciarci prendere dal panico.

 In termini tecnici siamo soliti parlare di percezione del rischio e di curva della paura. Se la percezione del rischio (o paura) è troppo bassa, i nostri comportamenti di difesa non sono efficaci. E ‘ quanto si è verificato all’inizio della comparsa del virus (e fino a qualche giorno fa nei paesi europei) quando la situazione di pericolo è stata sottovalutata (l’amigdala non si è allertata). Ma se la percezione del rischio ( o paura )  aumenta troppo, magari anche attraverso l’informazione,  e determina panico  è ugualmente inefficace in quanto dà luogo a comportamenti irrazionali e dannosi per sé e per gli altri (si allerta l’amigdala) . E’ quanto si è verificato allorché nelle zone del Nord Il virus si è diffuso in maniera esponenziale e molti, presi dal panico, non hanno ragionato ed hanno abbandonato le zone rosse per ritornare nei paesi d’origine e creando una serie di disguidi, difficoltà e contribuendo alla diffusione del virus. Allora dobbiamo avere paura? Sì, perché la paura ci protegge rendendoci responsabili e ci porta a seguire le prescrizioni. Ma senza lasciarsi prendere dal panico che ci priva di lucidità e riflessività necessarie per compiere azioni utili. Dunque abbiamo bisogno di entrambi i meccanismi cerebrali: quelli sottocorticali legati all’amigdala che ci attiva a prendere in considerazione il pericolo e quelli corticali che ci aiutano a fare scelte razionali e responsabili. Razionalità e responsabilità significa accettare l’idea che non abbiamo il controllo su tutto: in questo momento siamo vittime di un’occorrenza non del tutto prevedibile, rispetto alla quale non possiamo fare altro che informarci da fonti ufficiali d’informazione e seguire le prescrizioni. Certo non è facile cambiare le nostre abitudini perché noi siamo le nostre abitudini che scandiscono tempo e vissuto nostri. Ma ancora una volta ci soccorre la scienza, in questo caso Darwin, il quale individuò, nel processo evoluzionistico, il principio dell’adattamento senza il quale non sarebbe possibile la sopravvivenza. Un rapido sguardo all’indietro, attraverso i secoli, ci rivela che ci furono ben altre rivoluzioni nella vita delle persone, nella loro mentalità e sensibilità, eppure ogni volta esse seppero rinnovarsi e riadattarsi, oltre ogni pessimismo e scoramento. Ce la faremo! Ce la faremo!


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