Le conoscenze
nell’ambito della Neuroetica e delle
neuroscienze sono utili per imparare a pensare meglio, per sviluppare
pensiero critico, capacità di argomentazione? Ovviamente sì. Diversamente n on
avremmo organizzato una scuola di Alta
Formazione in Neuroetica e Filolsofia delle Neuroscienze aperta agli
allievi frequentanti gli ultimi due anni degli istituti secondari in cui la
filosofia è materia curriculare. Se le su menzionate discipline non avessero
l’utilità nel senso di cui sopra, la Francia non avrebbe messo a capo del Consiglio Scientifico dell’Istruzione Nazionale
(CSEN) Stanislav Dehaene, neuroscienziato, autore di una delle teorie della
coscienza più significative. Com’è noto l’indagine condotta dall’Ocse-Pisa
denunciava come i nostri ragazzi abbiano forti difficoltà nelle prove di
comprensione di un testo scritto: uno su quattro di essi non riesce a definire
quale sia il concetto più rilevante in un testo scritto. Fino a qualche tempo
fa l’educazione e l’apprendimento erano compito della scuola e della famiglia e
si apprendeva attraverso l’interazione con le altre persone, comunicando ed
imitando. Da qualche tempo ormai l’apprendimento è fortemente governato da
congegni elettronici. L’uso di app, computer ed altri congegni hanno la loro
influenza devastante: la frammentazione delle informazioni e dei testi porta ad
una lettura frammentaria e superficiale, non riflessiva, spezzettando l’
attenzione in frazioni di tempo sempre
più brevi, destrutturando la capacità di comprensione di pensiero. Noi
abbiamo
bisogno di sequenzialità! La lettura è cosa molto complessa e, a
differenza del linguaggio geneticamente programmato, è un “artifizio”,
inventato dai noi esseri umani, utile, secondo una prospettiva evoluzionistica,
alla sopravvivenza. La lettura non è naturale, non emerge spontaneamente come
il linguaggio. Ha bisogno di apprendimento,
di esercizio e di determinate circostanze. Da un punto di vista
neurobiologico essa è supportata da un circuito complesso che coinvolge le
regioni della visione, del linguaggio, della cognizione, le regioni motorie, le
regioni sottocorticali delle emozioni, i meccanismi della memoria e quelli
attentivi. Insomma una mole di lavoro che il nostro cervello compie in pochi
secondi. La domanda che ci si pone è se la qualità dell’attenzione e, dunque,
della comprensione e, di conseguenza, della lettura profonda cambierà mano a
mano che passeremo dalla lettura del libro cartaceo a quella su congegni
elettronici. In una recente ricerca svolta da una studiosa norvegese (Anne
Mangen) i soggetti sperimentali (studenti) sono stati divisi in due gruppi: uno
avrebbe dovuto leggere un racconto avvincente
su un Kindle, l’altro su un libro tascabile. Avrebbero poi dovuto
rispondere ad una serie di domande sul contenuto del racconto. Ebbene i ragazzi che avevano letto la versione
elettronica mostravano una minore capacità di ricostruire la trama in ordine
cronologico. Tale risultato è stato confermato da altre ricerche le quali
rilevano come la capacità di mettere in sequenza le informazioni e la memoria
per i dettagli diminuiscono quando si legge su uno schermo. E’ inoltre evidente
da altri studi, a dispetto della crescente informatizzazione che è diventato
uno degli obiettivi primari in alcune scuole,
che l’uso del computer privilegia solo gli alunni più bravi e
competenti e che oltre un certo tempo di
utilizzazione non porta alcun beneficio. Non solo, ma esiste una cospicua
ricerca la quale evidenzia come l’apprendimento o la semplice lettura
attraverso il computer non potenzia attitudini specificamente umane quali la
riflessività ed il senso critico, potenziati invece da forme di apprendimento e
lettura tradizionali. Dunque sì ad una scuola che sappia mettere insieme
tecnologia e discipline umanistiche; sì ad una scuola che sappia fare scelte
mirate, che non sia vittima delle
abbuffate di paccottiglia pseudoculturale che costantemente viene proposta,
anche dall’alto: progetti e progettini, giornate dedicate non si sa più a che
cosa, gite e viaggi, concorsi e gare, stage e viaggi cosiddetti d’istruzione.
Insomma quelle “tante cose” di cui, talora, i dirigenti vanno fieri e che
suscitano l’entusiasmo di genitori ingenui. Psicologa,Psicoterapeuta,filosofa, istruttrice Mindfulness: alla fonte autentica della Psicologia Umanistica*
Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia
venerdì 14 febbraio 2020
La rilevanza delle conoscenze in ambito neuroscientifico per il mondo dell'istruzione. Il caso della lettura
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