Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

lunedì 22 luglio 2013

"Emozioni tossiche": aggressività e violenza

Un omicidio o un atto di violenza estrema origina quasi sempre da una frustrazione o da una situazione di impotenza. Ma non tutti gli omicidi e gli atti di violenza sono uguali. Se alcuni sono commessi sotto l'azione di un forte impulso rabbioso, altri sono agiti in seguito ad un freddo ragionamento e ad un preciso calcolo. Ci sono quelli che uccidono o compiono il male a "sangue caldo" e quelli che lo fanno a "sangue freddo". molti di quest'ultimi sono psicopatici. Le nuove tecniche non invasive di neuroimaging (IRMf,PET, ecc..), le neuroscienze, la genetica, lo studio dei soggetti criminali, ci hanno permesso di fare notevoli passi avanti nella conoscenza del funzionamento del nostro cervello. nei soggetti "violenti caldi" si riscontra una forte attivazione dell'amigdala, che è una struttura che si trova nel sistema limbico (il cosiddetto cervello emotivo) e che ha un ruolo determinante nei processi emotivi. Nei soggetti violenti e criminosi l'amigdala dinanzi ad un determinato stimolo o in una certa situazione "spara"  (si attiva) velocemente  e i lobi frontali (le strutture deputate alle funzioni più specificamente umane: ragionamento, decisionalità, ecc...) non riescono ad esercitare quella funzione inibitrice che è necessaria alla stabilità della nostra personalità e al controllo dei nostri impulsi. Perché? Per una serie di motivi: perché possono esservi lesioni cerebrali, tumori, disfunzioni o scompensi dei modulatori chimici cerebrali, ecc... Ma a me piace sottolineare il ruolo dell'educazione. Non tutti i cervelli sono uguali. La differenza è dovuta alla diversa tipologia di stimoli ambientali ed educativi cui siamo stati sottoposti sin da bambini, ai diversi apprendimenti che abbiamo avuto occasione di sviluppare. Tutte le nostre esperienze determinano, infatti, la formazione di determinati circuiti cerebrali, l'intensificazione delle connessioni in determinate aeree piuttosto che in altre. E' presumibile che i soggetti criminosi siano vissuti in ambienti violenti, deprivati emotivamente, culturalmente o eticamente, il che avrebbe facilitato la sollecitazione dell'amigdala e dell'ipotalamo, responsabili delle condotte aggressive. tale sollecitazione tende a rimanere stabile nella vita a meno che non subentrino processi rieducativi profondi o, anche, una psicoterapia. tutto questo la dice lunga sul ruolo dell'educazione come fattore determinante nella prevenzione della criminalità e della violenza(Per approfondire: "Emozioni tossiche"in "Buoni si nasce soggetti etici si diventa. la costruzione della mente etica tra neuroscienze, filosofia, psicologia,Ed. Pendragon, Bologna)

martedì 2 luglio 2013

"...la costruzione della mente etica tra neuroscienze, filosofia,psicologia" Ed. Pendragon. L'autocoscienza è la qualità più specificamente umana...

La specie umana sarebbe del tutto inerme e destinata all’estinzione se non avesse la spinta a stringere legami con gli altri, a prendersene cura e a poter cooperare. L’autocoscienza cioè la capacità di essere coscienti di sé in quanto soggetti di pensiero, emozioni, ecc…(del tipo: In questo momento io scrivendo e sono cosciente di essere io a scrivere) è la qualità più specificamente umana, senza la quale non potrebbero esservi creatività la costruzione di sistemi scientifici e filosofici. Senza di essa non potrebbe esservi alcuna relazione umana nè agire morale. Essa ha una funzione evolutiva.Come già voleva Aristotele siamo animali sociali e ci esprimiamo,  comportiamo all’interno di una comunità buoni comportamenti suscitano altri buoni comportamenti.


Maria Felice Pacitto

"Conversazioni pomeridiane"

"La musa e l'artista"
di
Nicola Palladino
Docente di Lingua e Letteratura Spagnola 
Università Federico II Napoli

Centro di Psicologia Umanistica
sala diàlogos via Molise, 4

Venerdì 31 Maggio              
ore 17 e 30




La ‘modernità fluida’ dei nostri anni, quelli dell’estremo post-moderno, ci insegna e abitua a un corpo femminile proteiforme, che scrive su se stesso una storia fatta di arte e cultura pret-a-porter, dove tatuaggi e piercing trasformano e uniformano il concetto di avvenenza; un corpo che racconta storie di divine di città e muse (con la minuscola) di periferia. Il tempo ridefinisce sempre più velocemente il concetto di femminile. Dalle Muse classiche, incomparabili ispiratrici dell’artista, si passa alla Musa unica, la dea che prende il posto dell’intervento molteplice e specialistico delle nove figlie di Mnemosyne.
Il corpo di questa singola Musa non parla all’artista, anzi lo guida con la sua silente Les Vampires del grande Louis Feuillade. Irma Vep, la protagonista, capo di una banda di feroci banditi è cattiva e sensuale, antesignana di tutte le Muse moderne, donne-dee predestinate a narrare il proprio Mito grazie a un artista che allevano alla corte della propria sensibilità proprio come accade tra l’effervescente Alice Print, Kiki di Montparnasse, e il giovane pittore e fotografo Man Ray, tra l’algida ma passionale Olga Koklova e Pablo Picasso o tra la talentuosa e devota Jeanne Hèbuterne
e Amedeo Modigliani. L’ultima grande Musa è forse quella Gala Eluard-Dalí che più di tante Muse coeve ha fatto scrivere di sé. Il giovane Dalí s’invaghisce perdutamente della donna che ha fama di Veggente e leader del gruppo surrealista e la rapisce al fragile Paul Eluard – almeno questo è quello che si racconta, anche se c’è più di qualcuno che crede che le cose non siano mai andate proprio così – . Per lei, la sua Musa, Salvador inventa epopee e miti; cambia il suo corpo in delicate architetture e la demoltiplica paranoicamente all’infinito. L’avventura Pop di Andy Wharol e delle sue Marilyn è appena dietro l’uscio.