Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

martedì 2 luglio 2013

"Conversazioni pomeridiane"

"La musa e l'artista"
di
Nicola Palladino
Docente di Lingua e Letteratura Spagnola 
Università Federico II Napoli

Centro di Psicologia Umanistica
sala diàlogos via Molise, 4

Venerdì 31 Maggio              
ore 17 e 30




La ‘modernità fluida’ dei nostri anni, quelli dell’estremo post-moderno, ci insegna e abitua a un corpo femminile proteiforme, che scrive su se stesso una storia fatta di arte e cultura pret-a-porter, dove tatuaggi e piercing trasformano e uniformano il concetto di avvenenza; un corpo che racconta storie di divine di città e muse (con la minuscola) di periferia. Il tempo ridefinisce sempre più velocemente il concetto di femminile. Dalle Muse classiche, incomparabili ispiratrici dell’artista, si passa alla Musa unica, la dea che prende il posto dell’intervento molteplice e specialistico delle nove figlie di Mnemosyne.
Il corpo di questa singola Musa non parla all’artista, anzi lo guida con la sua silente Les Vampires del grande Louis Feuillade. Irma Vep, la protagonista, capo di una banda di feroci banditi è cattiva e sensuale, antesignana di tutte le Muse moderne, donne-dee predestinate a narrare il proprio Mito grazie a un artista che allevano alla corte della propria sensibilità proprio come accade tra l’effervescente Alice Print, Kiki di Montparnasse, e il giovane pittore e fotografo Man Ray, tra l’algida ma passionale Olga Koklova e Pablo Picasso o tra la talentuosa e devota Jeanne Hèbuterne
e Amedeo Modigliani. L’ultima grande Musa è forse quella Gala Eluard-Dalí che più di tante Muse coeve ha fatto scrivere di sé. Il giovane Dalí s’invaghisce perdutamente della donna che ha fama di Veggente e leader del gruppo surrealista e la rapisce al fragile Paul Eluard – almeno questo è quello che si racconta, anche se c’è più di qualcuno che crede che le cose non siano mai andate proprio così – . Per lei, la sua Musa, Salvador inventa epopee e miti; cambia il suo corpo in delicate architetture e la demoltiplica paranoicamente all’infinito. L’avventura Pop di Andy Wharol e delle sue Marilyn è appena dietro l’uscio.
La deprecazione e l’esaltazione dell’ultima musa ha potuto aver luogo solo nello spazio torrido dell’immaginario spagnolo. In una forma o nell’altra arena di Garcia Lorca, che di Dalì fu complice e amico, e co-autore.
presenza.In realtà sono in molti quelli che pensano sia proprio la donna a guidare la mano e l’intelletto dell’artista mentre il bardo, meschino, crede di aver scritto una pagina nuova di storia dell’arte. Il medioevo mostra un corpo femminile bifronte, da una parte – Laura, Fiammetta e Beatrice – angelicato nel concetto dall’altra – Becchina – discinto e irredento nella sostanza. Nella prima modernità, quella rinascimentale e barocca, il corpo della donna muove a imprese e a pazzie. La donna è ancora divisa tra Dea e Daimon-Diavolo; la spietata Vittoria Accoramboni di Webster, i tormentati personaggi femminili shakespeariani, le sensuali Cortigiane venete e romane, l’amorevole Amarilis di Lope de Vega e persino la Dulcinea di Cervantes sono tutti esempi di donne che raccontano più storie ma sempre attraverso il proprio corpo. Oppure usano il corpo delle “ragazze”, come fa la vecchia ruffiana Celestina che, per limiti evidenti non può più mettere in mostra il proprio. Nella seconda modernità, quella modernista, degli ismi di fine XIX e inizio XX il rapporto tra corpo femminile e il fare artistico si complica. Per il teatro e la pittura, che fanno i conti con la settima, arte l’occhio bistrato è discendente preraffaellita di un legame che va oltre la morte, anzi – Dante Gabriel Rossetti insegna – che proprio la morte rinvigorisce e rende unico. Ma la Duse e le Cortigiane della Belle epoque – Lyane de Pougy, la Belle Otero , Cléo de Merode – scrivono, con ritrovato e rinnovata convinzione, una storia antica fatta di attrazioni fatali e scalate sociali, di arte e  amore, nuove Mecenati per deboli, esangui artisti. Il corpo femminile è riparo e genio e bene lo sanno i surrealisti parigini, Breton, Eluard a gli altri, che seguono regolarmente le proiezioni dei primi film seriali, tra questi il loro preferito:

Nicola A. Palladino

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