Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

domenica 19 settembre 2021

Almeno una cosa è certa: la scuola si farà in presenza

 

(Articolo già pubblicato sul quotidiano L'Inchiesta)

Tra la molte  incertezze delle ultime settimane, la scuola decolla. Certo rimangono ancora dubbi in merito alla soluzione del problema trasporti, alle vaccinazioni dei minori al di sotto dei dodici anni e alla presenza dei docenti che all’inizio dell’anno mancano sempre: Ma una cosa è certa: la scuola si farà in presenza. Troppi i costi patiti dalla popolazione studentesca  negli ultimi due anni. Che la dad avrebbe funzionato male era evidente fin dall’inizio della pandemia. La scuola non era pronta  né era dotata di flessibilità per apportare modifiche alla didattica in un nuovo paradigma esistenziale. Molti allievi e docenti hanno avuto difficoltà ad utilizzare la strumentazione tecnica  e le stesse famiglie, che spesso hanno dovuto affiancare i figli. La confusione che ha caratterizzato la prima fase della pandemia, la difficoltà ad adattarsi ad una nuova tipologia di insegnamento e poi, successivamente, l’alternarsi di scuola in dad ed in presenza hanno determinato una significativa perdita di tempo e dunque un minor tempo da dedicare agli studi da parte dei ragazzi. E anche  stanchezza e stress, ingenerati  dal clima depressivo causato dalla pandemia, hanno fatto la loro parte. Molto tempo si è perso, soprattutto la scorsa estate,  a discutere di didattica. Ma quale didattica? Si è parlato piuttosto di logistica, di banchi con le ruote, di distanziamento, di aule. Questo non ha nulla a che v edere con la didattica che si occupa, invece, dei metodi e dei contenuti di insegnamento. E’ mai possibile che a nessuno sia venuta in mente almeno un’”ideuccia” nuova su come gestire e rendere comunque produttiva un’attività didattica frammentaria e a singhiozzo con pause, lavoro in dad e poi in presenza. Stiamo parlando ovviamente della scuola econdaria la più penalizzata. A nessuno è venuto in mente che in una situazione in cui il tempo da dedicare allo studio era ridotto, in cui molta era la confusione, sarebbe stato opportuno fare tagli drastici ai programmi consueti e lavorare per aree tematiche comuni a più discipline? Nessuno ha pensato che in questa situazione così complessa e difficile,  si sarebbe dovuto potenziare l’aspetto metodologico, dando agli allievi strumenti di studio tali da poter studiare anche da soli? L’unica preoccupazione poi, una volta rientrati in presenza, cercare di finire i programmi  e valutare gli allievi i quelli hanno dovuto sostenere un alto numero di valutazioni in un tempo molto ridotto

 Ho spesso  denunciato su questo giornale la preoccupante condizione della scuola italiana,  ma in questi due ultimi anni la situazione è precipitata soprattutto alle superiori. Hanno resistito solo le elementari. Sembrerebbe che la metà dei ragazzi che hanno sostenuto la maturità abbiano saputo rispondere  solo a domande che dovrebbero essere tipiche dei programmi di terza media. I risultati peggiori si sono avuti nelle scuole che sono rimaste chiuse più a lungo.  A pagare il prezzo più alto, in termini di povertà educativa e culturale, sono i ragazzi che provengono dalle famiglie più povere, quelli che con la scuola in presenza riuscivano a cavarsela anche senza aiuto di mamma e papà.

 Dunque la scuola in presenza è una necessità imprescindibile. L’insegnamento è “stile incarnato”: ciò che viene  impartito, sia esso un contenuto, un metodo di lavoro, non è mai neutro. Acquista significatività, senso, suscita passione, coinvolgimento grazie alla presenza dell’insegnante il quale trasmette agli allievi il valore e il senso che per lui hanno le cose che insegna. La dad fallisce perché si impara in una prospettiva relazionale. Ma la dad ha semplicemente aggravato le pecche e le difficoltà della scuola italiana.

La scuola, la società, le famiglie stesse, non sono più in grado di educare. Educare significa appunto “condurre  fuori”. Appunto essere condotti fuori dall’ignoranza, dalla noia, dal non senso, dal vivacchiare aggrappati a telefonini e social. Abbiamo creato nei nostri ragazzi uno spaventoso vuoto interno. Anche la scuola su questo fronte registra il suo fallimento. Non riesce ad appassionare, a dare contenuti formativi  né un orizzonte di senso sia per l’oggi che per il domani. Né è  capace di strutturare personalità responsabili, educare ad una coscienza morale, sviluppare l’immaginario e suscitare passione per un qualcosa, il che significa  saper sviluppare un progetto per il futuro.  Sempre volta a  rincorrere lo sviluppo delle cosiddette “competenze” la scuola ha dimenticato  ciò che è fondamentale. Come avere in casa un bellissimo vaso ma senza fiori.

 Se si parla con allievi magari segnalati tra i più bravi della scuola, si rimane perplessi. Alla domanda “Che facoltà sceglierai all’Università?” La risposta è sempre la stessa:”Una facoltà scientifica che mi assicuri di trovare un lavoro che mi faccia guadagnare bene”. La facoltà più gettonata è ingegneria, ritenuta la più duttile a posizionarsi, e bene, nel mondo del lavoro. In clima di covid-19 ci saremmo aspettati un guizzo di idealismo, di prosocialità,  magari appunto un marcato interesse per la biologia e la ricerca. Ovviamente del tutto dimenticate le facoltà umanistiche. Niente sogni, niente passioni, niente aspirazioni. Colpisce questo radicale realismo che porta inevitabilmente a perdere intelligenze e risorse, che potrebbero essere produttive in altri ambiti di tipo anche speculativo. Ma c’è da meravigliarsi con una scuola che ha distrutto quasi tutto di ciò che la rendeva  eccellente, che rincorre solo le competenze,  gli human skills e  l’educazione digitale?



venerdì 17 settembre 2021

Ci offendono le polemiche dei novax, degli antigreen pass, il pretestuoso riferimento alla libertà, parola nobile che andrebbe usata per ben altri motivi

 (articolo già pubblicato sul quotidiano L'Inchiesta)

 Siamo stati capaci di arrivare alla quarta fase della pandemia. Dico “ siamo stati capaci” perché  l’aumento dei contagi e dei ricoveri è un nostro prodotto, complici i tecnici del mestiere con le loro affermazioni spesso contraddittorie e troppo speranzose, complici i politici che hanno dovuto fare i conti con le pressioni dei rappresentanti di categorie di lavoratori ed hanno concesso maglie larghe agli assembramenti, e alle folle turistiche. Ingenuo essersi affidati al senso di responsabilità dei singoli cittadini. Non recita forse così la saggezza popolare “a chi dai il dito si prende tutto il  braccio”. Ma un contributo consistente è stato dato anche dai novax, molto più numerosi di quelli dichiarati, perché non tutti hanno il coraggio di dichiararsi.  Ma l’obbligo del green pass, per la partecipazione  alla vita pubblica, sta avendo anche la funzione di stanare quelli che si rifiutano di vaccinarsi  e si nascondano dietro il rifiuto di procurarsi il green pass in quanto strumento di controllo dei cittadini ed implicito obbligo a vaccinarsi con forte lesione della libertà individuale, dei diritti umani e della dignità della persona. Certo esiste il diritto di  scegliere se curarmi o meno ma quando la malattia riguarda solo me e ne va solo della  mia sopravvivenza. Ma il covid è una malattia  pandemica ad altissimo tasso di contagiosità,  allora il limite della mia libertà costituisce la garanzia del diritto altrui di vivere e stare bene.  Un popolo consistente quello dei novax, alimentato da fake- news sui vaccini,  diffuse  da piattaforme social seguite da svariati milioni di persone. Non si tratta solo di soggetti culturalmente sprovveduti: tra quelli  che si lasciano incantare dalle bufale più fantasiose riguardo il virus ci sono anche medici, psichiatri, intellettuali. Il che conferma  quanto già  accertato dalla ricerca scientifica: la profonda irrazionalità dell’essere umano. Il questo clima difficile ed incandescente  è apparsa inopportuna la presa di posizione di Cacciari (che tra l’altro si è vaccinato)e di Agamben, i quali avrebbero voluto  sottolineare (così hanno motivato il loro intervento) semplicemente un problema di tipo politico-giuridico e lamentano di non essere stati compresi. Sarebbe   anticostituzionale procedere per stati di emergenza (appunto il green pass)cosa che limiterebbe la nostra libertà ed introdurrebbe una netto discrimine tra cittadini di serie A (quelli vaccinati e quindi liberi di muoversi)  e cittadini di serie B (i non vaccinati e con forti limitazioni di  movimento e partecipazione alla vita pubblica ). Andando avanti di questo passo, con procedure di emergenza, sostengono i maitre à penser,  si rischia fortemente una situazione analoga a quella in cui fu possibile la nascita della Repubblica di Weimar, foriera poi delle successive tremende sciagure per l’Europa . Se vogliamo fare della speculazione teorica potremmo parlarne. Ma noi dobbiamo, primariamente, confrontarci con la realtà attuale, che è molto diversa dalle circostanze economiche, sociali culturali e politiche in cui detta Repubblica si affermò. La storia non si ripete mai allo stesso modo. Confrontarsi con il momento storico attuale e risolvere i problemi che esso pone è ciò che la prassi politica fa, mietendo spesso errori e scivoloni, come nella circostanza attuale in cui sono state fatte scelte di comunicazione inefficaci discutibili, inframmezzate a decisioni a loro volta tentennanti e cedevoli agli umori e alle pressioni dei rappresentanti di alcune categorie. Sappiamo perfettamente che il vaccino ha provocato qualche decesso e qualche problema in alcuni soggetti, sappiamo che  non ci protegge in assoluto dall’infettarci ma, è certo, ci protegge dal contrarre il virus in forma acuta e dal morire , soli, tra atroci sofferenze. Come in altre circostanze di pandemia ( e la storia dei vaccini ce lo mostra), con vaccini e green pass è stata fatta la scelta del male minore il che significa la scelta più ragionevole possibile. Ci offendono perciò le polemiche dei no-vax, le dimostrazioni anti green pass, il pretestuoso riferimento alla libertà, parola troppo nobile per essere usata in questo contesto.

Ma che cosè la libertà? Possiamo provare a darne alcune definizioni, sicuramente però non è fare come ci pare. Libertà è potere godere dei diritti fondamentali; potremmo anche dire, in chiave politica, che libertà è essere affrancati dal bisogno e, in chiave psicoanalitica, che libertà è essere affrancati dal peso del proprio passato. Ma fondamentalmente libertà è intesa come  capacità e possibilità di scegliere in modo autonomo. In questo senso libertà è molto vicina al concetto di libero arbitrio, concetto che la ricerca neuroscientifica degli ultimi anni ha rinverdito riaprendo il dibattito su questo vecchio tema ma sulla base delle evidenze empiriche. Molti conoscono l’esperimento di Libet degli anni 80, esperimento riprodotto successivamente più volte con la strumentazione di neuroimaging. Ciò che emerge da questo tipo di ricerca è che noi prima agiamo e poi ne diventiamo consapevoli. Se questo è il funzionamento del nostro cervello-mente, che ne è del libero arbitrio? UN tema scottante sul quale non si è ancora giunti ad una conclusione. Un tema vasto e complesso che lascio alle sede più adatta che è il Convegno di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze che puntualmente organizzo ogni anno a Cassino. Quello che penso io, rimanendo sul piano del funzionamento cervello- mente, è che noi abbiamo una possibilità di scelta ma tra opzioni già date che vengono prodotte preriflessivamente (o inconsciamente) nella nostra mente . Allo stesso modo la nostra libertà si esercita in un mondo in cui possiamo scegliere   tra varie possibilità e circostanze già date che non dipendono da noi. Pertanto i novax e gli anti green pass possono legittimamente scegliere di non vaccinarsi ma poi devono responsabilmente accettare le conseguenze della loro scelta  cioè rinunciare a condurre una vita pubblica, perché responsabilità e libertà sono indissolubilmente legati anche se apparentemente sembra difficile tenerle insieme. Ma  In una società sempre più individualistica e narcisisistica qual è la nostra, qualsiasi  limitazione è  difficile che possa essere accettata e parole come responsabilità hanno perso significato.