Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

martedì 15 dicembre 2015

Marina Abramovic: il corpo e la presenza. Una sintesi delle tendenze culturali, del clima emotivo della contemporaneità. L'ossessiva presenza del corpo che attraversa le varie forme della vita.


  Marina Abramovic è, abuon titolo, considerata l’icona della “performance art”, una forma espressiva  di non facile comprensione, specifica della contemporaneità. Ogni opera d’arte va compresa all’interno del contesto storico-culturale in cui si sviluppa. Non si può comprendere l’arte performativa, che vuole, per realizzarsi e completarsi, la presenza del pubblico, al di fuori dello zeitgeist culturale di fondo che alimenta sempre la psicologia quotidiana cioè il  modo comune di percepire, interpretare, sentire, i fatti, le cose e l’arte stessa. Negli ultimi decenni, a seguito delle filosofie fenomenologiche, si è sviluppata l’idea di una nostra ineliminabile relazionalità e coappartenenza, gli uni con gli altri, resa possibile primariamente dalla nostra corporeità. Nella performance art (come nella body art) il corpo è protagonista ma non nel modo tradizionale. Non v’è contemplazione del corpo ma un corpo  che vive-agisce e si autorappresenta. E non si può comprendere l’arte performativa al di fuori della generale ossessiva (e talora inquietante)  presenza del “corpo” nel mondo di oggi, corpo che, come mezzo e forma di linguaggio, attraversa le varie forme della vita: dai fenomeni psicopatologici (cutting, disturbi alimentari), alle forme di comportamenti diffusi (tatuaggi, chirurgia estetica), alla caratterizzazione del genere e alla pubblicità (uso e abuso del corpo femminile), all’arte stessa.  Sorrentino ironizzava su alcune di queste forme ne “La grande bellezza”, affresco