Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

sabato 21 giugno 2014

Tra neuroscienze e psicologia: il ruolo di una buona relazione nello sviluppo cognitivo-simbolico ed emotivo. L'inserimento del linguaggio Lis nella scuola



Ormai già da parecchio si sono superati i vecchi pregiudizi nei confronti dei non udenti: prima si riteneva addirittura che il non udente avesse deficit cognitivi e, magari, questo si verificava proprio perché il non udente viveva in condizioni di isolamento linguistico che determinava realmente  un suo difficoltoso sviluppo cognitivo, affettivo e simbolico del soggetto. Si riteneva anche che il non udente fosse muto. Ma sappiamo, invece, semplicemente che  il non udente non parla perché  non può sentire. E’ un dato di fatto che  la produzione linguistica  avviene grazie alla percezione uditiva dei suoni linguistici. La lingua (la lingua madre) si apprende spontaneamente attraverso l’ascolto nel quotidiano. Nessuna cosa può sostituire a pieno la stimolazione costante che arriva dall’ambiente (intendo l’ambiente relazionale) che non è mai solo semplicemente uno stimolo “tecnico” ma si connota di una sua valenza simbolico- affettivo-emotiva. Questo la dice lunga sulla necessità di una diagnosi precoce del deficit uditivo da farsi nel primo anno di vita. Ormai è un dato accertato che la relazione umana (con tutto quello che significa) è al centro dello sviluppo di tutte le nostre potenzialità affettive, emotive, cognitive.Tutta la psicologia degli ultimi decenni e  le neuroscienze, che sono diventate  la star della ricerca  scientifica contemporanea, hanno sottolineato come il nostro cervello e, quindi, la nostra mente si sviluppi in un processo costante di interazione con l'ambiente in cui processi comunicativi sono  al centro. Non esistono una mente ed un cervello isolati. Noi siamo sempre già in relazione fin dalla nascita anzi già prima di nascere. Durante lo sviluppo, ovv iamente, il livello della nostra relazionalità si complessifica. Negli ultimi vent'anni vi è stato un prodigioso sviluppo delle neuroscienze e  grazie  alla tecnica di risonanza magnetica funzionale  noi sappiamo perfettamente cosa succede nel cervello di una persona mentre è impegnato in un determinato comportamento. Questa alta tecnologia ha permesso di fare molti progressi nella conoscenza del nostro funzionamento cerebrale e, quindi, mentale. Per cui rispetto a quarant'anni fa noi sappiamo moltissimo  ma ancora molto poco in assoluto.  (Forse nei prossimi 15 anni riusciremo a capire come funziona completamente una zona del cervello pari alla corteccia del topo che è fatta soltanto di 75 milioni di neuroni.) Il cervello umano è fatto di 100 miliardi di neuroni e quindi capite bene come per “mappare” tutto il cervello ci voglia molto, molto tempo.   Molte risorse nell'ambito della riabilitazione delle funzioni sensoriali sono collegate proprio alla ricerca nel campo delle neuroscienze che ci riserverà molte, molte sorprese.


Relazione e linguaggioDicevo che noi siamo esseri relazionali e lo strumento della relazione è il linguaggio, che si sviluppa secondo  vari stadi. Il  primo è quello del linguaggio espressivo del volto  che  aiuta a comunicare  primariamente    con la madre:il  bambino già alla nascita riconosce i volti, il suo cervello è programmato a farlo.( Quaranta anni fa si riteneva che il bambino alla nascita non vedesse!)Il fatto che noi siamo dotati di un linguaggio corporeo già alla nascita è  il primo elemento a favore dell’insegnamento della LIS . Noi siamo spontaneamente bilingui: dotati di linguaggio corporeo e di quello verbale. Questa capacità di linguaggio corporeo  rimane sempre una nostra tipologia di comunicazione ma a livello implicito (il 90% della  comunicazione di noi adulti avviene a livello implicito) perché, progressivamente, viene sostituita dal linguaggio  verbale, specifico dell’essere umano,e che raggiunge il più alto livello di complessificazione comunicativa(noi possiamo produrre una serie infinita di enunciati)(L’Homo Sapiens è riuscito a sviluppare la sua civiltà proprio grazie alla complessità del linguaggio parlato che facilitava sia la trasmissione delle acquisizioni sia la cooperazione).Il linguaggio  è la più grande conquista del processo evolutivo della specie umana. Gli scambi gestuali ed espressivi madre-bimbo, uniti agli scambi vocali ( in quel processo ritmato che va sotto il nome di “sintonizzazione affettiva”) non hanno solo un significato comunicativo ma servono anche a costruire un primo codice simbolico di tipo emotivo (piacevole/spiacevole, appetibile /non appetibile, buono/cattivo, ecc…)  che è un precursore del linguaggio più complesso, articolato verbalmente che  incomincia a svilupparsi più chiaramente intorno ai 12 mesi . Ed è in questo modo (attraverso una “ relazione d’attaccamento” sicura, stabile,  con la madre) che si costruisce la mente con l’insieme dei suoi processi più complessi (“mentalizzazione” o “capacità riflessiva”).   La mente  si sviluppa grazie ai processi di comunicazione e, quindi, il bambino che non comunica, che non usa o non padroneggia un linguaggio, non perde solo il linguaggio ma molto altro ancora.

Basi biologiche del linguaggio.Noi abbiamo una predisposizione biologica al linguaggio. Di questo si era già accorto Charles Darwin. Poi la teoria innatista di Chomsky. Noi nasciamo con la predisposizione innata al linguaggio che si sviluppa grazie allo stimolo linguistico offertoci dai parlanti e che ci arriva attraverso l’udito. Tutte le lingue condividono le medesime strutture sintattiche e morfologiche che le accomunano, dette “universali linguistici”. Esiste una Grammatica Universale che ci dà la possibilità di  elaborare nuovi enunciati. Il linguaggio con le sue caratteristiche grammatologiche e sintattiche è acquisito intorno ai quattro- cinque anni (frasi lunghe, articolo, aggettivi, ecc..) .  V’è una variabilità nei tempi dell’acquisizione a seconda dell’ambiente di vita più o meno stimolante. La nostra capacità linguistica risiede nel nostro cervello. Le aeree responsabili del linguaggio sono l’area di Broca e l’area di WerniKe che si trovano nell’emisfero sinistro. Si tratta di aeree altamente specializzate. Ci sono moltissime connessioni tra le aree del linguaggio.Danni all’area di Broca  determinano più una compromissione della produzione del linguaggio che della comprensione. Il soggetto può capire il linguaggio ma non parlare fluentemente.Danni dell’area di Wernike determinano una maggiore compromissionedella comprensione. In questo caso il soggetto può essere fluente ma non si rende conto delle cose senza senso che dice. E’ interessante vedere come soggetti non udenti colpiti dall’afasia di Broca presentano mancanze sintattiche nel linguaggio e compromissione della comprensione non solo del linguaggio orale ma anche del linguaggio dei segni. Hanno difficoltà a creare le forme giuste con le mani come se “balbettassero con le mani”. Anche se il linguaggio mimico-gestuale utilizza canali sensoriali diversi da quelli della lingua orale, la sua elaborazione avviene nelle stesse aeree cerebrali. (Sappiamo anche che l’emisfero destro contribuisce all’elaborazione del linguaggi mimico-gestuale) E questo è molto significativo: significa che il linguaggio dei segni è una lingua a tutti gli effetti. La Lis è una vera e propria lingua perché possiede le caratteristiche comuni a tutte le lingue: iconicità, sintassi, ecc.

Il mondo dei non udenti è un mondo diversificato ed eterogeneo: diversi  tipi di deficit uditivi e diverse tipologie di cause. Ci sono sordi figli di udenti e sordi figli di sordi. Questi ultimi sono quelli che acquisiscono spontaneamente la lingua dei segni come lingua madre. I figli di udenti sono la maggioranza e vogliono somigliare il più possibile ai cosiddetti normali. Questo atteggiamento varia a seconda della reazione della famiglia al deficit uditivo del figlio. Sono questi che, generalmente, rifiutano l’apprendimento della Lis. Sembrerebbe invece che dove viene applicato il bilinguismo (Lis e lingua italiana) v’è una ricaduta positiva nel senso di una facilitazione dell’apprendimento della lingua italiana e questo perché la Lis stimola le medesime aree di apprendimento della lingua italiana.

 Plasticità neuronale. L’unità di base di funzionamento del cer vello è la sinapsi che è la connessione tra due cellule nervose . Le sinapsi si sviluppano in funzione della stimolazione sia esterna (stimoli ambientali) che interna (anche un’attività di riflessione stimola la formazione di sinapsi) Il massimo della crescita funzionale e, quindi, sinaptica del cervello si ha fino alla preadolescenza.Si ritiene generalmente che esista un periodo critico(si attesterebbe intorno ai 7 anni) per l’acquisizione del linguaggio dopo del quale non c’è più la possibilità di acquisizione del linguaggio come lingua madre in modo naturale e spontaneo . Dopo la pubertà quando l’organizzazione del cervello risulta completata, diminuisce la flessibilità per acquisire la lingua come una lingua madre.(Ci sono casi ormai diventati letteratura: il bambino –lupo di Itard e Genie ,la ragazza trovata a los Angeles in condizioni di deprivazione estrema). Dopo che il cervello è stato per molto tempo senza stimolazioni e dopo anni di mancato contatto con la lingua  non riesce più ad apprenderla in modo significativo. Il che ci dice quanto sia importante intervenire subito nella diagnosi e nella riabilitazione del non udente. Ma  la ricerca, nel campo delle neuroscienze, ha sottolineato due elementi importanti: innanzi tutto la plasticità neuronale. Il nostro cervello, anche se ha subito delle lesioni,  può riorganizzarsi grazie alle stimolazioni ambientali perché può stabilire nuove sinapsi che possono baipassare la zona danneggiata  oppure  possono intervenire altre zone del cervello in funzione sostitutiva. Le scoperte degli ultimi dieci anni hanno  mitigato molti limiti riscontrati dalla neuropsicologia del passato. Ha rimesso in discussione la teoria dell’esistenza di periodi critici fissi nella prima infanzia, durante i quali l’esperienza sensoriale sarebbe cruciale per il normale sviluppo. Come, pure, ha rimesso in discussione  la vecchia visione dell’organizzazione funzionale del cervello come basata sui diversi input di tipo sensoriale (secondo cui la corteccia è divisa in aree di elaborazione visiva, aree uditive ecc…) Le ultime scoperte mostrano come molte aeree del cervello sono, sì, caratterizzate dal compito specifico che eseguono ma possono essere attivate utilizzando sensi diversi da quelli comunemente utilizzati per attivare questa attività. E questa è la seconda   cosa importante che le neuroscienze ci hanno insegnato cioè che il cervello funziona come un unico grosso organismo: il cervello è una macchina i cui compiti sono indipendenti dai sensi specifici. Pertanto si possono recuperare delle funzionalità che si ritenevano perse. Teniamo presente che quello dell’udito è un processo percettivo molto complesso. Come delle onde che producono vibrazioni possano tradursi in messaggi linguistici cioè in qualcosa dotato di significato non trova ancora una spiegazione esaustiva.E comunque tutto è in divenire: nei prossimi anni la ricerca neuro scientifica ci riserverà molte sorprese.

L’ importanza della supervisione nell’ambito della complessa rete di relazioni che si instaura nella scuola. .Il principale fattore di stimolazione cerebrale è una relazione umana che sia ovviamente positiva. Una buona relazione cambia la chimica cerebrale e cioè agisce sui neurotrasmettitori chimici . Ma una buona relazione perché sia tale ha bisogno di alcune caratteristiche, innanzitutto l'empatia. Oggi se ne parla molto. La scoperte delle cellule specchio responsabili dell’empatia è sicuramente la scoperta scientifica più conosciuta. Che cos’è l’empatia?E’la capacità  di entrare in risonanza  le  emozioni dell’altro, di comprendere le sue intenzioni,  di muoversi quasi con il suo passo. Ora  una buona relazione empatica è al centro delle pratiche di integrazione ed  inserimento del non udente (ma anche di qualsiasi altro soggetto) nella scuola normale.

Nella realtà dell'universo relazionale, la figura materna gioca un ruolo essenziale e tanto più in una relazione segnata da un deficit, qualunque esso sia.  Una relazione segnata da una serie di dinamiche materne che variano, anche, a seconda della tipologia e dell'origine del deficit uditivo: spesso un determinato deficit sensoriale viene a confermare quelle “angosce genetiche” che hanno caratterizzato gli ultimi mesi di gravidanza. Spesso la relazione  che la madre instaura con il bambino è esclusiva ed escludente, iperprotettiva.  La scuola entra come un terzo in questa relazione e viene a costituire una “triade” che non è esente da rischi, rotture, insuccessi. Spesso l'ambiente scolastico, in cui il bambino viene inserito, è percepito come non sufficientemente protettivo e quindi generatore di ansia per la madre.  L'inserimento di un bambino che presenta un qualsiasi tipo di deficit sensoriale, o problema di altro genere, implica, dunque, sempre la presa in carico della famiglia e in modo particolare della madre.

Ma dinamiche profonde segnano anche la relazione del docente di sostegno e dei docenti curriculari con il bambino.

La psicoanalisi ci ha insegnato che qualsiasi relazione si svolge sempre su due piani: un piano cosciente- manifesto ed un piano inconscio più profondo (esistono   implicazioni emotive inconsce di tipo identificatorio, aggressivo, fusionale). Molti fallimenti di riabilitazione,  di inserimento si verificano proprio perché non si tiene conto di questo secondo piano sommerso della relazione. Una situazione  complessa perché abbiamo da un lato il bambino  e la madre,dall’altro il docente di sostegno, i docenti curriculari, i compagni.Si tratta di una triade molto calda che ha bisogno di una supervisione .E questo il piano in cui lo psicologo con formazione psicodinamica può essere più utile. Anche se questa, bisogna dirlo, è la cosa che si richiede di meno. Ed invece  è fondamentale. Manca una cultura psicopedagogica orientata in questo senso. E questo è un aspetto molto trascurato nella  presa in carico di un bambino portatore di un deficit.  E’ evidente che nessuna relazione umana è mai neutra, è evidente che nessuna somministrazione di un insegnamento è solo semplicemente un fatto tecnico ma è sempre, anche ,la somministrazione di una relazione all'interno della quale si verificano emozioni, reazioni, coinvolgimenti che vanno analizzati e gestiti da ambo le parti e, quindi, va gestita anche la reattività controtransferale dell'educatore nei confronti del bambino ma anche nei confronti della madre. Esiste non solo il bambino reale ma anche il bambino fantasmatico portatore di dinamiche inconsapevoli circolanti nella triade (il bambino protetto, il bambino sminuito, il bambino  esaltato,ecc…), un bambino che influenza e condiziona le relazioni con gli adulti e quelle fra loro. Una analisi delle relazioni controtransferali  del docente nei confronti del bambino può evidenziare delle tendenze sostitutive quando il legame con il bambino arriva ad assumere una valenza che si contrappone al legame con le figure materne. E non meno  delicato è il rapporto tra scuola e psicologo -supervisore, rapporto che potrebbe ingenerare ambiguità, fraintendimenti ed errori. Lo psicologo non è un tecnico dell'educazione e quindi  non suggerisce il da farsi ma sostiene l'educazione e sostiene fondamentalmente il complesso mondo relazionale in modo da aiutare il bambino a modulare il suo rapporto con l'ambiente, i compagni, i docenti e in modo che la madre sia aiutata a trovare le modalità migliori per interagire con il proprio figlio e con i docenti.

 Generalmente con un bambino portatore di un deficit si stila un piano educativo che implica un piano di lavoro e di programmazione fatto  di obiettivi da raggiungere, della esplicitazione degli strumenti essenziali dell'intervento del docente. Il piano di lavoro con il resoconto-narrazione dell’attività svolta è uno strumento valido per il ripensamento critico da parte del docente del suo rapporto con il bambino. Il resoconto-narrazione è utile anche per la supervisione. Ma,  oltre lo strumento della narrazione (il resoconto), può essere inserita la videoregistrazione  e la tecnica della VMT (video microanalisi) che porta il contributo di una testimonianza fotografica simile all'osservazione diretta, che può essere integrativa o addirittura alternativa al resoconto verbale.  La videoregistrazione è uno strumento estremamente duttile estremamente importante perché può farci vedere tutta una serie di movimenti e transazioni comunicative corporee micro che si svolgono generalmente al di fuori della consapevolezza.

 La triade madre- docente- bambino, che funzioni da un punto di vista relazionale, costituisce un elemento fondamentale della riabilitazione  e dell’inserimento.

Per finire: mi piace pensare la Scuola (In tutta la varietà e complessità delle sue figure)come una madre sicura, cioè una base sicura da cui potersi allontanare ma a cui ritornare allo stesso modo in cui una madre fornisce una casa- base per l'esplorazione del mondo da parte del bambino.

Maria Felice Pacitto- Psicologa, psicoterapeuta, membro della Società Italiana di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze, direttrice del “Centro di Psicologia Umanistica e Analisi Fenomenologico-Esistenziale”.

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