Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

lunedì 28 luglio 2014

Il fantasma del migrante e le neuroscienze


Il fantasma del  migrante e le neuroscienze

Mentre diventa sempre più inquietante la tragedia dei migranti  cresce  nell’immaginario degli italiani il fantasma del migrante minaccioso e pericoloso. Ormai quasi tutti si sono assuefatti all'immagine dei barconi che naufragano, delle decine di vittime ripescate nel mare, donne e bambini. E neanche le immagini  ci toccano più di tanto   perché la tragedia la vediamo a distanza, quasi come un film e allora  le emozioni (quelle che ci fanno specificamente umani e che appartengono anche agli animali dotati di un cervello complesso) non scattano.   Le neuroscienze ce ne danno una spiegazione: se una tragedia accade direttamente sotto i nostri occhi (c’è vicinanza,  prossimtà, a volte interazione) scattano  le aeree cerebrali responsabili delle emozioni.  In un vecchio episodio de Ai confini della realtà, ripreso da un film più recente, ad una persona, che si trova in difficoltà finanziarie, viene proposto, in cambio di mille dollari, di schiacciare  il pulsante di una scatola. Quando questo accadrà un altro morirà. Dopo  una notte insonne, in preda al dilemma morale, dopo aver riesaminato la sua situazione economica, lui schiaccia il pulsante. Sulla umana pietas aveva avuto il sopravvento la componente razionale: erano scattate, diremmo oggi, le aeree cerebrali preposte al pensiero razionale. 
Tutto ciò  ricorda quello che accadeva nei campi nazisti dove i capi e gerarchi, che davano gli ordini, non avevano il contatto diretto con le vittime. Chi faceva, invece, il lavoro sporco non reggeva a lungo la barbarie esercitata quotidianamente. Dopo qualche tempo veniva spostato al fronte e nelle zone più pericolose in modo da poter essere eliminato e da non dover un domani, magari, testimoniare. Mi dico: non siamo molto diversi dai nazisti nella nostra insensibilità. È vero ma è anche vero che un flusso migratorio costante e di tale entità, che l'Italia ovviamente non può risolvere da sola, produce un effetto di  deumanizzazione dell'altro  non diverso da quello che operava la società tedesca nei confronti degli ebrei. Il migrante è vissuto quasi come  un sempiterno senza volto, senza identità, ma che si ripresenta costantemente e minaccia il tuo lavoro e il tuo status, il futuro dei figli. Il migrante  è un pericolo per la salute tua e dei tuoi figli, portatore com’è, di virus che noi abbiamo debellato da tempo.  La migrazione dall'Africa è diventata nella sensibilità comune il problema. E, in un momento di crisi economica quale quello attuale, tutto il malanimo  relativo all'incertezza dell’esistere, del futuro, non diversamente da quanto accadeva nella Germania nazista, rischia di essere convogliato sui migranti.

 Alcuni mesi fa c'è stato il naufragio di un barcone,ce n'è stato un altro qualche settimana fa ancora più  orrifico nei dettagli (poveri esseri ammucchiati in una stiva come pezzi di carne non diversamente dagli Ebrei nei vagoni ferroviari),  esempio di deumanizzazione dell'altro  che si consuma sul mare nostrum, a poche miglia da noi. Ma c'è già un altro barcone all'orizzonte e ce ne sarà un altro e poi un altro ancora. E allora, considerando i nostri trascorsi storici non certamente esemplari, una nostra certa propensione al razzismo, sono urgenti  pratiche educative efficaci volte allo sviluppo della prosocialità, della tolleranza, dell’accoglienza, sin dalla prima infanzia.




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