Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

mercoledì 3 settembre 2014

Le morti non sono tutte uguali: il suicidio di Robin Williams


Le morti non sono tutte uguali

Parecchi personaggi famosi ci hanno lasciato  in questi ultimi mesi,  suscitando emozioni e reazioni  diverse. Perché le morti  non sono tutte uguali. La morte di  Robin Williams,  famoso sul piano internazionale, protagonista di films non solo divertenti ma anche  portatori di profondi  valori umani, films rimasti impressi nel nostro immaginario, ci ha procurato sgomento ed angoscia perché l'attore brillante, capace di reinventarsi si ogni volta in personaggi  diversi si è tolta tragicamente la vita . Indimenticabile rimane il docente impersonato ne L'attimo fuggente che entusiasmò e influenzò, all'epoca, buona parte di docenti. Quasi tutti si entusiasmarono, anzi, letteralmente impazzirono e pensarono addirittura di proiettare il film nelle classi, ingenuamente, come se un film potesse risolvere e sostituire abilità didattiche, capacità relazionali, cultura e spessore umano che si preparano e formano nel tempo. Ma, probabilmente, il film servì a far riflettere molti docenti sulla loro pratica educativa. E come dimenticare Patch Adams che sicuramente facilitò la diffusione e l'adozione della  terapia del sorriso(il laughing, nato negli ashram di Osho  Rajneesh) nelle strutture di cura e che oggi le neuroscienze dimostrano essere efficace non solo per il miglioramento dell'umore dei pazienti ma anche come possibile fattore guarigione. Williams era Patch Adams anche nella vita. Animare gli altri, far divertire gli altri faceva sopravvivere William Robbins che portava dentro di sé lacerazioni profonde,  irresarcibili, che affondavano le radici nell'infanzia. Il suo suicidio  ci angoscia perché ripropone due drammi dell’esistenza: il suicidio e il male oscuro della depressione. La nostra mente, biologicamente  programmata per trovare il senso, si affanna a trovare spiegazioni, cause dell'uno e dell’altra. Il massimo che può fare talora e tentare di spiegare il primo con la seconda. Ma nessuna teoria né psicologica né neurofisiologica  può dare una spiegazione esaustiva della depressione e del suicidio. Né ci è molto chiaro il perché alcuni sottoposti a trattamento combinato, (psicofarmaco e psicoterapia) obbligato per la depressione maggiore,guariscono ed altri no. Tra l’altro ultimamente gli psicofarmaci, soprattutto gli antidepressivi, hanno subito un forte attacco relativamente alla loro efficacia, mentre la psicoterapia, che ha al centro il fattore relazionale, vede confermata  la sua efficacia da molta e seria ricerca contemporanea. Tra l’altro la relazione è il fattore di guarigione o miglioramento primario anche nell’ambito delle malattie organiche. Gli stessi farmaci diventano meno efficaci se somministrati al di fuori di una relazione come gli studi di Benedetti dimostrano. Comunque all'inizio del secolo ci provò Freud a dare una spiegazione della autodistruttività umana ma la sua, per quanto suggestiva, rimaneva un'ipotesi speculativa e mitologica. Quello che è certo, però, è:

- che non si fa abbastanza per la cura dei disturbi psichici e della sofferenza esistenziale,

-che bisognerebbe intervenire molto  prima ed evitare di giungere a stati depressivi devastanti

- che le persone psichicamente sofferenti non vanno mai lasciate sole.

 

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