Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

mercoledì 11 dicembre 2019

Neurobiologia animale: costruzioni di genere e violenza contro le donne: Non tutto dipende dal TESTOSTERONE . Addio Testesterone Rex


Neurobiologia animale, costruzioni di genere e violenza contro le donne: non tutto dipende da TeststeroneRex                                                                                                                                                                                    
Nella settimana del 25 novembre il paese ferve di iniziative. Sacrosante e dovute: non dobbiamo mai stancarci di denunciare atti di violenza contro le donne. Violenza è anche quella esercitata contro le donne, spesso madri, che muoiono in mare dopo il naufragio dei barconi. E la lotta contro la violenza  deve anche allargarsi a quella contro ogni classe debole e senza potere. Mi riferisco ai bambini e agli animali. Non è senza senso il riferimento alle violenze contro gli animali. Negli scritti femministi dell’800, ma anche nella letteratura dcell’epoca (Collins, Dickens) è frequente l’identificazione della donna con l’animale che rimanda appunto alla condizione  di esseri privi di diritti. Tale identificazione è presente anche nell’immaginario sessuale violento dei maschi. Fruste, morsi, lacci, costituivano il linguaggio del romanzo pornografico dell’epoca, in cui la donna, appunto, viene sottomessa, dominata privata della sua autonomia e soggettività. La violenza domestica esercitata contro le donne era statisticamente elevata: venivano picchiate, prese a calci, mutilate, ustionate, accecate. Venivano sottoposte a torture non troppo lontane da quelle inferte agli animali dalla
vivisezione.  Frances Power Colbe, giornalista e femminista, colse appunto, all’epoca, la connessione tra violenza domestica, oppressione femminile e vivisezione degli animali.( Si riteneva che le donne avessero una scarsa sensibilità dolorifica.) Se ne parlava talora sui giornali ma nelle indifferenza di tutti. La Colbe, inoltre, individuava nella dipendenza economica dal marito una sorta di violenza insita nel matrimonio. Ma il tutto affondava nell’idea dell’inferiorità morale, intellettuale e fisica della donna. La biologia, la medicina e la psichiatria dell’epoca offrivano una giustificazione al pregiudizio nei confronti della donna. Considerando che tutti i processi vitali sono rivolti alla riproduzione  gli organi genitali erano determinanti nella vita della donna e in tutte le sue manifestazioni. La donna era un involucro costruito intorno ad un utero: era una macchina di riproduzione e basta. Ovviamente c’era una certa dissidenza nei confronti di questo pensare e sarebbe molto interessante dilungarsi su questo. Ma ritorniamo al punto fondamentale. La violenza contro le donne è un fenomeno complesso e come tale esclude una spiegazione univoca e vuole una molteplicità di concause. Negli ultimi anni,  il tema si è arricchito di molta psicologia, la quale indaga sulle dinamiche psichiche che portano le donne a scegliere maschi violenti e quest’ultimi a scegliere donne potenziali vittime: si indagano le modalità di attaccamento (Bowlby, Main) che caratterizzano sia le une che gli altri, le storie di vita pregresse, il clima familiare di origine e ci si rivolge anche alla psicopatologia. Ma tra le c ause, la più gettonata da sempre è la spinta biologica: i maschi erediterebbero filogeneticamente l’istinto predatorio  dei fratelli animali, i quali, secondo Darwin, lottano e competono per il possesso delle femmine secondo il principio di accoppiamento indiscriminato volto alla riproduzione. Dunque l’aggressività maschile nei confronti delle donne sarebbe solo questione di testosterone. Testosterone Rex è il termine coniato ironicamente da Richard Francis per colpire l’idea, molto diffusa ma errata, del testosterone come attore supremo della storia: capace di competizione, di acquisizione di stato sociale,  di capacità di accaparramento di risorse materiale e di ricchezze, e capace di dominanza sessuale. Dunque l’uomo violento sarebbe agito da impulsi biologici atavici, potenti e assolutamente resistenti all’azione del modellamento culturale. La biologia, secondo alcuni, darebbe ragione dell’alta frequenza di casi di violenza a danno delle donne.
Ma la motivazione biologica, che pure ha la sua parte, accusa ormai parecchi colpi sotto l’avanzare dei risultati della ricerca scientifica in neurobiologia animale e psicologia comparata. Studi sul comportamento sessuale di animali non molto evoluti, quali possono essere i pesci ciclidi, mostrano come gli eventi sociali ( ambientali) possano regolare gli eventi ormonali. Gli ormoni non sono un destino. Se si castra un pesce territoriale ( è quello che protegge il territorio di riproduzione e difende con estrema aggressività il suo stato) e lo si pone in una vasca con un maschio non-territoriale integro e delle sue stesse dimensioni, il maschio castrato continua ad essere dominante (Francis et al.1992).La competizione per l’accoppiamento,, lo status e le risorse, sulla stregua del comportamento animale, sono stati considerati  obiettivi maschili per il successo riproduttivo.   Ma come ricerche recenti evidenziano (Pew Research Center) sembra che le donne abbiano superato gli uomini nella competitività e nell’attribuire importanza al successo in carriere altamente rimunerative e prestigiose, mentre dare la precedenza, nella  vita, alle cure parentali sembra che sia diventata una caratteristica comune, parimenti, anche ai maschi. Non sono, dunque, il sesso né gli ormoni a creare comportamenti maschili e femminili ma la cultura.  Ma dai pesci saliamo,ora, lungo la scala evolutiva, ad animali più complessi e geneticamente vicini agli umani: i bonobo che sembrano rimettere in discussione lo stereotipo del maschio cacciatore e predatore. Essi sono una tipologia di primati, simili per alcuni versi agli scimpanzé, che Darwin sicuramente non conosceva dato che sono stati identificati negli anni ’30 del ‘900 e studiati dagli anni’70 in poi. In queste comunità la sessualità è molto diffusa ed è parte di tutte le relazioni sociali. Ma la riproduzione è limitata: una femmina partorisce un piccolo alla volta ogni 5-6 anni. Dunque la sessualità è gioco, mezzo di socializzazione solo parzialmente identificabile con la riproduzione che non è un obiettivo  primario. Dunque sembrerebbe che la biologia possa essere ricompresa e riorganizzata in schemi relazionali e sociali. I bonobo sono capaci di interazioni sessuali “ face to face” e di comportamenti riparativi dopo il conflitto: attraverso un abbraccio o un bacio sulla bocca. L’attività sessuale è la strategia utilizzata per evitare il conflitto del tipo “facciamo l’amore e non la guerra”. Le femmine, con grande gioia delle femministe hanno uno status sociale privilegiato e dominante. I maschi rimangono legati alle madri e il loro stato sociale  dipende da quello della madre. Ma questo, al contrario di quanto accade per gli umani, non determina  turbe relazionali. Le società dei bonobo sono pacifiche ed egualitarie. Tra i bonobo sembrerebbe che le tecniche di socializzazione abbiano riorganizzato i comportamenti di genere cioè  la cultura sembrerebbe avere la meglio sulla biologia.  Gli stereotipi e le costruzioni di genere  (sono costruzioni sociali) hanno un forte peso sui comportamenti degli uomini e delle donne ed agiscono a livello inconscio, al di fuori della consapevolezza.  Sappiamo, ormai, che gli organismi viventi sono sistemi dinamici che si sviluppano e riorganizzano in rapporto all’ambiente in cui vivono. Nel caso di noi umani, la nostra biologia si intreccia con i valori, le norme, le aspettative, schemi e credenze della cultura d’appartenenza e che permeano le nostre menti. E’ evidente che si rende necessario un enorme riassetto di tutto ciò se vogliamo ridurre il numero di quelli che danneggiano le donne. E’ ora di smetterla di attribuire la responsabilità  alla biologia dell’uomo. Ci vorrà ancora molto tempo ma andiamo verso un futuro in cui sarà possibile dire, come vuole Cordelia Fine :“Addio Testosterone Rex!”( Non vogliamo eliminare gli uomini, assolutamente no, ne abbiamo bisogno e li amiamo. Vogliamo semplicemente prendere le distanze dalla falsa credenza che responsabile delle violenze contro le donne sia, fondamentalmente, la biologia dei maschi e non  la cultura.)
Maria Felice Pacitto (psicologa, psicoterapeuta, filosofa della mente)

Nessun commento :

Posta un commento