Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

venerdì 16 luglio 2021

Come andrà a finire? I vaccini non bastano: l'esito della pandemia, dipende in buona parte dai nostri comportamenti

 


(Già pubblicato su  l’Inchiesta, quotidiano cassinate)

Tutto il processo evolutivo è il risultato del caso, ovvero di alcuni eventi contingenti che hanno portato cambiamenti e sviluppo in un senso piuttosto che in un altro. Se noi riavvolgessimo la bobina del  film  della vita sulla terra non è detto che ritorneremmo dove siamo ora.  Ora in un certo senso  anche l’esplosione del covid proprio alla fine del 2019 è stato frutto di una contingenza. Poteva, però, essere affrontata diversamente, dato che alcuni scienziati avevano prevista già da tempo le conseguenze disastrose degli squilibri ambientali con la conseguente distruzione degli ecosistemi che a loro volta facilitano il salto di specie. Se c’è qualcosa di insostenibile per l’essere umano  è l’incertezza. Per cui preferiamo non vedere e non attrezzarci per il futuro. Eppure il caso, le contingenze, ci dicono che il nostro cammino non è già scritto e che i nostri comportamenti possono fare la differenza perché Il cammino non è prefissato ma si traccia con l’andare avanti. Le conseguenze del covid sulla salute sono state devastanti, non solo quelle dirette, dovute all’ammalarsi di covid, ma anche quelle indirette e cioè  l’aggravarsi di malattie   serie o mortali che non sono state sufficientemente curate a causa della pandemia  che ha impegnato la quasi totalità delle risorse sanitarie e per le difficoltà di movimento che hanno impedito il raggiungimento dei luoghi di cura.  Le limitazioni di movimento non hanno gravato solo sulla possibilità di  svagarsi e di viaggiare, di andare in palestra o in discoteca. Le conseguenze delle restrizioni, doverose, hanno avuto ben altre  e gravi conaseguenze sulla possibilità di muoversi per curarsi . Su questo tutti dovrebbero riflettere e smettere di lamentarsi per quei minimi divieti che sono rimasti e per quelle regole che ancora devono essere osservate e  dovranno esserlo ancora per molto. I vaccini ci hanno aperto a condizioni di  vivibilità impensabili solo fino ad un mese fa. Ma non sono la soluzione totale. I vaccini fondamentalmente ci preservano dal contrarre il virus in forma grave e dalla morte ma non risolvono il problema. Esiste la possibilità di altre varianti ed esiste la reattività individuale al vaccino che non sempre produce un livello di anticorpi desiderabile ed esiste, pur vaccinati, la possibilità di reinfettarsi e trasmettere il virus.   A questo si aggiunge il fatto che non tutti vogliono vaccinarsi (si parla di 10 milioni di persone) a causa, anche,  di alcuni esiti fatali (fortunatamente pochissimi) determinati dalla vaccinazione e che ha portato più volte il Ministero della Salute a rivedere i protocolli di somministrazione ingenerando paura e sfiducia.

Stando così le cose Il controllo del virus dipende fondamentalmente dai nostri comportamenti. Ma noi siamo esseri a razionalità limitata. Siamo preda di molte distorsioni cognitive che l’evoluzione ci ha lasciato in eredità, ad esempio il bias di conferma cioè la tendenza ad accogliere solo quelle informazioni che confermano una nostra convinzione o un nostro sistema di valori o soddisfano i nostri bisogni. Vediamo solo  quello che vogliamo. Non meno pernicioso il bias di “normalità”  cioè la propensione a sottostimare le conseguenze di un evento catastrofico o staordinario. Ne sono, appunto, un esempio alcune reazioni alla  pandemia:    la posizione dei novax e dei negazionisti o le reazioni esasperate  di quanti si sono sentiti privati della liberta a causa delle restrizioni di qualche tempo fa. O si pensi, ancora, alla questione ambientale e climatica. Negli ultimi anni abbiamo assistito a siccità, uragani devastanti, abbiamo superato punti di non ritorno eppure continuiamo a vivere come se abitassimo un mondo sostenibile. Questo accade perché siamo portati a credere che la situazione in cui viviamo rimarrà stabile a prescindere dal nostro comportamento perché è quello che ci fa comodo credere.

Troppo si è parlato di libertà e di ritorno alla normalità. Deve essere chiaro che libertà non significa fare come ci pare e tornare alla normalità non significa ritornare alla vita di prima. Per  molto tempo ancora avremo bisogno di osservare regole (uso della mascherina, norme igieniche) e di stare in alcuni limiti (osservare il distanziamento ed evitare gli assembramenti). Una routine che risulta ancora difficile da imparare.  Nonostante tutto quello che si può fare a livello scientifico e medico, la gestione del controllo dell’epidemia è data dal nostro comportamento.  E’ anche vero però  che le istituzioni possono lavorare  nel senso di una facilitazione di comportamenti virtuosi creando schemi contestuali e modalità di porre le norme da seguire invoglianti, ma anche  informazioni scientifiche di facile impatto sui cittadini. In termine tecnico tali procedure vengono definite nudges (spinte gentili), meccanismi originariamente studiati in economia comportamentale, che possono favorire le decisioni e le scelte delle persone. L’Italia è stata il paese che meno si è avvalsa del contributo tecnico di professionisti del settore (psicologi e studiosi di scienze cognitive) che avrebbero potuto contribuire significativamente alla creazione di strategie di questo tipo e ad una informazione adeguata. E’ anche il paese in cui si è fatto meno ricorso a sostegni ed interventi psicologici per fronteggiare malesseri e disagi psichici insorti, anche tra gli operatori sanitari, a causa della situazione pandemica. Solo ultimamente si è dato il giusto risalto al forte aumento dei disturbi psichici sia tra gli adulti che tra i minori ingenerati dalla pandemia. Un’occasione persa ed un ritardo nelle strategie che hanno e continuano ad avere  conseguenze non indifferenti su molteplici versanti. Nei 280 paesi in cui ci si è avvalsi di  questi supporti  si è riusciti ad ottenere risultati significativi e risolutivi. Ma anche nelle ultime disposizioni relative alle riaperture e alla eliminazione delle zone rosse e gialle si è proceduto con leggerezza e senza tener conto degli effetti della comunicazione sul pubblico e sulle modalità di funzionamento della mente: aver permesso di togliere la mascherina all’aperto ha significato un tana libera tutti. E’ passato assolutamente inosservata la seconda parte del messaggio: evitare assembramenti ed osservare il distanziamento. Una leggerezza nella comunicazione che pagheremo a caro prezzo. 

Maria Felice Pacitto

 

 


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