Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

domenica 13 ottobre 2013

A proposito di questioni femminili. Classi separate e violenza contro le donne


 
In quest’epoca definita “l'età della relazione” ci lascia davvero perplessi la notizia che ci arriva dalla Gran Bretagna: le scuole migliori, in termini di risultati, sono quelle dove gli studenti sono separati per sesso. La stessa cosa accadrebbe negli Usa dove, per quanto non molto diffusa, la scelta di dividere i sessi è una realtà ormai consolidato.
          I fautori della separazione tra sessi affermano che gli stili, i ritmi di
apprendimento sarebbero diversi nei maschi e nelle femmine. Quindi un'educazione basata sulla separazione andrebbe a potenziare le specificità e le capacità individuali. Ma il rispetto delle caratteristiche di ognuno,  intese in termini di gusti, tempi, ritmi di apprendimento diversi, propensioni, è ciò che da sempre viene (o dovrebbe) essere osservato in ogni pratica educativa scolastica (e familiare) a prescindere dalla separazione dei sessi  o meno.Piuttosto la questione apre a tutta una serie di problematiche teoriche ed epistemologiche molto discusse nell'ambito del femminismo teorico e filosofico:rimettein discussione la questione delle differenze di genere, la questione dell'essenzialismo (esiste un'essenza del femminile?), la questione dell’esistenza di una conoscenza ed epistemologia specificamente femminili, infine la questione delladifferenza dell'organizzazione neurale.( Su quest'ultimo punto tra l'altro c'è ancora poca ricerca in merito e non consolidata). Tralasciamo le prime complesse questioni e soffermiamoci sull’ultima. Le neuroscienze ci dicono che non ci sono al mondo due cervelli uguali per il semplice fatto che la nostra materia cerebrale si sviluppa in costante interazione con l'ambiente, per cui ogni cervello è diverso da un altro per il semplice fatto che le esperienze di ognuno sono diverse da quelle di qualsiasi altro. Quindi se le femmine vengono educate in modo diverso dai maschi faranno esperienze diverse e perciò i loro cervelli saranno diversi. Il che ovviamente non significa che ci siano diverse abilità cognitive in generale (una volta si riteneva che le femmine avessero meno abilità logico-razionali!) ma che magari alcuni circuiti apprendono ad essere allertati più di altri. Ad esempio i maschi tendono ad essere più aggressivi delle femmine perché l'educazione inibisce l'aggressività di quest'ultime. Il che significa che i circuiti coinvolti nei meccanismi dell'aggressività sono più allertati nei maschi piuttosto che nelle femmine, le quali apprendono fin da piccole a reprimere l'aggressività. Paradossalmente la pratica della separazione andrebbe a rinforzare quelle differenze per rispondere alle quali la pratica stessa viene adottata e con tutto quello che ne consegue in termini di questioni femminili  e di stereotipi rispetto alle capacità ed alle abilità delle donne. Dall’affermare che maschi e femmine  sono diversi in quanto a ritmi e stili di apprendimento (e perciò andrebbero educati separatamente) all’affermare che donne e maschi sono adatti a lavori diversi il passo è breve! Passo che metterebbe fortemente a rischio tutte le conquiste fatte negli ultimi tempi dalle donne in termini di pari opportunità di accesso al lavoro.            La pratica della separazione è stata abbandonata in Italia fin dalla fine degli anni 60 in  funzione della pari opportunità dei generi. Sarebbe un vero regresso reintrodurla, soprattutto in tempi come questi in cui vengono segnalati,   quasi ogni giorno, episodi di violenza estrema nei confronti delle donne. Dove e in che modo i maschi e le femmine dovrebbero imparare ad interagire tra loro, a conoscersi in quanto persone, a rispettarsi,  a non violare  il confine del corpo, se non a scuola? 
          Oggi una educazione alla relazionalità è una emergenza. Per arrivare ad avere una società diversa in cui maschile e femminile possano convivere pacificamente, integrandosi, senza prevaricarsi, occorrono una frequentazione quotidiana, una sana e buona coabitazione, che solo la scuola può dare a cominciare fin dalla Scuola dell'infanzia. La contrapposizione tra sessi viene appresa molto precocemente (“le femmine sono bastarde”  diceva un bambino di cinque anni) e così gli stereotipi relativi ai comportamenti di genere .“Un bambino si è comportato come un fifone” raccontava un altro scolaretto di ritorno a casa, il primo giorno di scuola alludendo al pianto disperato di un compagno. Una bambina, magari, si sarebbe espressa con termini diversi: “ Una mia compagna ha pianto quando i genitori l’hanno lasciata”. E’ dalla prima infanzia che incomincia a strutturarsi l’idea che per le donne sia lecito avere emozioni e sentimenti ma che la stessa cosa non valga per i maschi che devono crescere duri e forti. Il passo successivo può essere  che per i maschi sia lecito mortificare le donne e magari anche picchiarle. Che cosa ci si potrebbe aspettare da maschi senza emozioni e sentimenti?(Il testo è una parte di un mio articolo pubblicato in data 12-10 sul quotidiano L’Inchiesta )

 

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