Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

venerdì 25 dicembre 2020

Un Natale sottotono ma non meno nutriente

 


Questo sarà un Natale diverso. Il Natale nelle ultime due settimane è stato il tema dominante le menti delle persone. I più si lamentano delle restrizioni, si sentono agli arresti domiciliari, rimpiangono le mancate vacanze sulla neve, l’impossibilità di festeggiare l’anno nuovo secondo consuetudine. C’è da chiedersi che tipo di paese sia quello in cui oggetto di preoccupazione sono i su citati impedimenti. Che paese è quello che dimentica che ben altre sono le priorità, che  non vede le difficoltà economiche di molti e i lutti che hanno colpito molte famiglie? Ma siamo ragionevoli e diamo uno sguardo indietro agli anni passati. Con l’avvicinarsi del natale si entrava in una sorta di ansia per lo stress che le fatiche festive comportavano: regali, preparazione di pranzi, il dramma di come selezionare gli inviti, visite di cortesia ed altre convenzioni sociali. Nel bel mezzo delle festività si cominciava a desiderare che finissero presto. Molti dichiaravano che ne avrebbero fatto volentieri a meno. Alcuni stavano male anche: soffrivano del “Christmas blues”, quella sorta di tristezza che accompagna, spesso, situazioni ed occasioni di per sé piacevoli ma che vengono turbate dal ricordo di persone che non ci sono più e di cui si soffre la mancanza, dalla solitudine e dall’assenza di familiari lontani. Per quelli più eticamente sensibili si aggiungevano considerazioni di ordine sociale ed altruistico: gli inutili sperperi, magari per accontentare e rendere più felici bambini ed adulti già abbondantemente benedetti dalla fortuna, a fronte della povertà e della miseria che continua a regnare nel mondo e neanche troppo lontano da noi. Quest’anno saremo liberati di questi affanni: avremo un Natale  più intimo, con meno stress, meno effervescente, con meno scintillii ma non per questo meno emotivamente nutriente. Ma mi auguro che sia anche un Natale più riflessivo e saggio. Un Natale da considerare come il tentativo che stiamo facendo per uscire da questa pandemia che ha profondamento cambiato le nostre abitudini, le nostre attese e speranze, la nostra psicologia. Ma siamo realmente cambiati? La natura umana rifugge dal dolore e cerca di dimenticare. E anche oggi c’è la tendenza a non voler vedere e a volere pensare che tutto sia finito e forte è alla spinta a tornare alla così detta normalità E, pure, la pandemia ha posto sotto gli occhi di tutti ( di quelli che vogliono v edere) le questioni fondamentali del nostro tempo: la distruzione dell’ambiente, la povertà, il razzismo, il conflitto sociale, tutte questioni interconnesse che erano lì ma che non si volevano vedere. Molte cose sono accadute durante questo anno che dovrebbero far riflettere. Innanzi tutto la frattura generazionale: da un lato la decimazione degli anziani, talora passata (diciamolo) semplicemente come un fatto statistico-fatalistico, scontato; dall’altro i giovani che scalpitavano per tornare in piazza, nelle strade, in discoteca. Abbiamo assistito a forme di negazione della pandemia e del pericolo che hanno indotto comportamenti irresponsabili e dannosi alla collettività. Non sono mancate  forme paranoidi di paura del contagio che hanno portato a comportamenti egoistici e disumani.  L’emergenza Covid-19 ha mostrato facce dell’Italia che ci hanno fatto vergognare: lo sciacallaggio di chi, durante la pandemia ha fatto incetta di mascherine (presidio fondamentale per prevenire il contagio) per rivenderle a prezzi esorbitanti, di  chi ha messo in circolo dispositivi fuorilegge. Ma parafrasando Jung “molta ombra, molta luce”.  Ci sono stati generosità e coraggio di migliaia di persone: medici, infermieri, farmacisti, personale delle strutture sanitarie, volontari che hanno lavorato senza sosta. Ci sono stati atti eroici: di chi, piuttosto avanti negli anni, ha ceduto il proprio casco Chip-pap ad un altro paziente, più giovane, con maggiori probabilità di sopravvivere. Altruismo ed interdipendenza tra tutti gli esseri umani sono stati i valori riscoperti da molti. Infine l’azione congiunta di tutti gli organismi impegnati nella ricerca ed il lavoro incessante degli scienziati che hanno saputo collaborare al di là delle nazioni di appartenenza. Mai come in questa occasione la scienza ha mostrato che la comunità scientifica è legata da un unico e medesimo interesse conoscitivo: la conoscenza non vuole bandiere! Einstein sosteneva che le catastrofi dovrebbero essere la spinta a ripensare i grandi principi che informano lo stare al mondo. Da questo punto di vista c’è da augurarsi appunto che il Covid.19 non sia stato  un’occasione perduta. Questo Natale dovrebbe indurre a riflettere sul posto che occupiamo in questo mondo, sulla natura interdipendente di tutti gli esseri umani e di tutti gli esseri viventi, sulla corresponsabilità dei destini di ciascuno, per ripartire nel 2021 più saggi e più adulti.

Maria Felice Pacitto

 

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