Marco Celentano
Alimentazione umana e sofferenza animale.
L’allevamento intensivo come dramma etico,
ambientale e sanitario
Gli allevamenti
intensivi continuano a proliferare in tutto il mondo e le loro dimensioni
diventano sempre più megagalattiche. Gli animali terrestri macellati ogni anno sono,
a livello globale, più di 170 miliardi. Gli animali acquatici destinati al
consumo alimentare, provenienti principalmente dalla pesca industriale e dagli
allevamenti ittici intensivi, computati non per unità ma in base al loro peso
complessivo, ammontavano già nel 2022 a più di 185 milioni di tonnellate e sono
in costante aumento[1].
Che si tratti di polli
da carne o galline ovaiole, di mucche, maiali o pesci, gli animali rinchiusi in
questi impianti sono, ormai da quasi un secolo, corpi progettati e allevati
esclusivamente in vista del profitto. Esseri senzienti resi impotenti a
qualunque espressione delle proprie attitudini e alla cura di se stessi e dei
propri simili. Prigionieri condannati a morte per i quali, nonostante le norme
che dovrebbero tutelarne la salute e il benessere, di fatto, dalla nascita
all’abbattimento, ogni istante di vita è segnato da atroci sofferenze[2].
L’ininterrotto
espandersi di queste filiere produttive costituisce, perciò, come dagli anni
Sessanta in poi hanno segnalato i movimenti antispecisti, innanzitutto, un
dramma etico che gran parte della popolazione umana mondiale, quotidianamente,
contribuisce ad alimentare e, al contempo, rimuove dalla propria sfera di
coscienza.
Ma gli allevamenti
intensivi costituiscono un problema anche per i consumatori dei loro prodotti.
I principali rischi cui questi sono esposti provengono dalle tare ereditarie
che affliggono gli animali allevati con metodi intensivi, dai farmaci di cui
vengono imbottiti, dallo stato di costipazione e incuria in cui vivono, ma
anche dalle procedure vigenti nei macelli industriali. Ovvero, da standard di lavorazione
delle carni che, privilegiando in modo esclusivo parametri come la rapidità del
processo e l’abbattimento dei costi, in molti casi documentati, sono stati all’origine
di fenomeni endemici di contaminazione dei prodotti immessi sul mercato[3]. Essi rappresentano,
dunque, anche sotto il profilo sanitario, una fonte di rischi e diffusione di
patologie in merito alla quale la maggior parte delle persone non è
adeguatamente informata e tutelata.
Il comparto
zootecnico contribuisce, infine, in modo rilevante, ovvero per circa il 14,5 %,
al surriscaldamento globale, alla deforestazione, all’inaridimento e
inquinamento delle acque, dell’aria e dei suoli e, in estrema sintesi,
all’aggravarsi della crisi climatico-ambientale che l’umanità e l’intero
ecosistema terrestre stanno oggi attraversando[4].
L’allevamento intensivo
rappresenta, per questi motivi, un caso emblematico di quel modello di
sviluppo, produzione e consumo, tuttora dominante a livello globale, che
assegna agli ecosistemi, a tutti gli organismi non umani, e in ultima analisi
anche al lavoro e alla vita umani, il ruolo di mere risorse o merci da
sfruttare ai fini dell’accumulazione di profitto. Un modello produttivo
liberista, produttivista e consumista che l’umanità di oggi e di domani dovrà,
necessariamente, sforzarsi con tutto il proprio ingegno di superare se vorrà
almeno mitigare i danni e i disastri che, sul piano ecologico, sociale ed
etico, esso ha già prodotto.
[1] Cfr: https://unric.org/it/rapporto-fao-la-produzione-mondiale-ittica-raggiunge-un-nuovo-record/#:~:text=La%20produzione%20record%20di%20alimenti,162%2C5%20milioni%20di%20tonnellate.
[2]
Cfr, per una introduzione al tema, G. Innocenzi, Tritacarne, Rizzoli, Milano 2016.
[3] Cfr. sull’argomento J. Safran
Foer, Se niente importa, Guanda,
Parma 2010; M. Celentano, Rimozioni
quotidiane dell’insostenibile, in M. De Rosa, G. Mosconi, Cibo e sostenibilità, Edizioni
Università di Cassino, Rende (CS) 2025.
[4] Cfr., per un riscontro del dato e
un primo approccio al problema, M. Ferri, L’allevamento
zootecnico come parte della soluzione per il cambiamento climatico, 02/02/2022,
https://www.veterinariapreventiva.it/wp-content/uploads/2022/12/52_58_FERRI.pdf.






