Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

mercoledì 1 gennaio 2014

Vita di PI: un film che è un percorso psicologico e spirituale


 La storia inizia con  il protagonista Piscine Molitor Patel (detto PI) che racconta la sua avventura ad uno scrittore che vuole farne una storia.Il flasback ci fa vedere un piccolo (e poi adolescente) PI curioso, sensibile (è convinto che anche gli animali abbiano un ‘anima), irrequieto che si interroga su se stesso, sul  mondo, su Dio trovando una singolare soluzione: l’adesione d un sincretismo religioso che mette insieme, induismo, cristianesimo, islam. A causa delle precarie condizioni politiche dell’India degli anni ’70 la famiglia di PI decide di trasferirsi in Canada . S’imbarcano, dunque, insieme ad un certo numero di animali da zoo su un mercantile. Ma la nave naufraga in pieno Oceano Pacifico e PI si ritrova da solo su una scialuppa da salvataggio insieme ad una zebra, un orangotango, una iena, una tigre. Da questo momento in poi si dipana una storia inverosimile ed avvincente, un viaggio  attraverso periodi torridi e periodi di tempesta e molte disavventure che durerà 227 giorni, un viaggio però che è un percorso spirituale. Quasi subito  PI rimane da solo con la tigre perché la iena ha ucciso la zebra e l’orangotango e la tigre, a sua volta, la iena. Pi imparerà a proteggersi dalla tigre ma l’aiuterà anche a sopravvivere, raccoglierà l’acqua piovana per essa e pescherà pesci perché sa che è un carnivoro e deve evitare in questo modo di diventare egli stesso cibo per l’animale. E’evidente  il significato simbolico, psicologico dell’animale: la tigre è la violenza interna di PI, violenza con cui PI deve fare amicizia, imparare a convivere se vuole evitare di essere “sbranato” cioè travolto dalla violenza. PI imparerà a lottare per la sua sopravvivenza pur essendo consapevole di essere impotente e di essere in balia del fato. Arriverà alla fine, stremato, su una spiaggia messicana e la tigre, con cui ha stabilito un rapporto speciale, fuggirà e lui si sentirà abbandonato. Questa molto succintamente la trama del film.Non di un film per bambini si tratta come apparentemente si potrebbe pensare dal titolo e dal manifesto del film ma di una bella,  avventurosa  storia, densa di significati spirituali e psicologici e aperta a molteplici letture. Non ultima l’esaltazione del valore del coraggio, della tenacia e della fede, il valore dell’accettazione delle cose e del sapersi muovere con il ritmo del mondo, il sapere accettare ciò che viene senza ribellione perché è nella natura delle cose ,valori questi e dimensioni psichiche più consoni al mondo e alla civiltà orientali. Ma è proprio da questa capacità, dal sapersi muovere in sintonia con il respiro del mondo,  senza fare opposizione ma senza perdere la voglia di lottare che si mobilitano le risorse  e la forza per la sopravvivenza. Ma mi piace sottolineare due altri punti. PI, verso la fine del film, dice che tutta la vita è un separsi (aggiungerei fino alla separazione ultima e definitiva) ma non è questo il problema: è nella natura delle cose, della vita che procede  solo grazie alle continue piccole e grandi rotture e separazioni, ma, piuttosto, il non farlo senza potersi congedare senza potersi dire addio. PI, come rimpiange l’abbandono della tigre che si è allontanata frettolosamente e senza esitazione, così rimpiange di non aver potuto ringraziare suo padre per tutti gli insegnamenti che gli hanno consentito di sopravvivere al naufragio e al pericoloso viaggio in mare. MI viene fatto di pensare come, oggi, i nostri incontri, quelli fugaci come quelli più durevoli nel tempo, non rispettino i tempi giusti: troppo veloci nell’entrare in relazione (hanno un che di aggressivo) , superficiali nella loro incapacità di stare pienamente nella relazione (si ha paura), bruschi ed elusivi nel congedo (si ha fretta di scappare dalla relazione).  La relazione è un processo intersoggettivo che si dispiega nel tempo: da un momento iniziale che origina da un bisogno, attraverso un momento centrale della soddisfazione, fino al  momento finale del completamento. Infine la pausa. (E’ ciò che i gestaltisti definiscono: precontatto, contatto pieno, postcontatto, ritiro).

Negli ultimi minuti del film, il protagonista racconta di aver fornito agli inquirenti della compagnia giapponese cui apparteneva la nave naufragata,venuti ad interrogarlo, un’altra versione dei fatti: sulla scialuppa c’erano Pi (la tigre), il cuoco cattivo (la iena), un marinaio (la zebra), l’orangotango. Il cuoco cattivo ha usato il corpo del marinaio morto come esca per i pesci; alle rimostranze della mamma di PI il cuoco ha ucciso la donna, PI ha ucciso il cuoco.  PI chiede al suo interlocutore quale racconto preferisca. Ma anche gli spettatori, è evidente, sono chiamati a scegliere.  L’interlocutore preferisce il primo, quello della tigre che è ammansita dalla tenacia di PI, quello che  narra la possibilità di coabitazione di uomo e animale e, dunque, da un punto di vista psicologico, la possibilità di integrare l’umanità di noi con gli aspetti più pericolosamente istintivi di  noi.

Ma  non è importante la storia che si sceglie ma, piuttosto, sottolineare ( del resto il film lo fa) come il raccontare, dare senso agli eventi, sia fondamentale per noi esseri umani.  Noi  siamo le storie che ci raccontiamo, storie che modifichiamo costantemente  secondo  i nostri  bisogni e al di fuori della nostra consapevolezza.  Ogni volta ci raccontiamo la storia  che ci piace di più, quella che soddisfa i nostri bisogni più profondi, quella che ci far stare meglio: ne va della nostra identità. E allora: BUON ANNO E BUONA NARRAZIONE!

1 commento :

Unknown ha detto...

Buonasera,mi trova pienamente d'accordo con il suo scritto,questa sera ho avuto l'occasione di vedere il film per la prima volta,veramente fantastico..a tratti commovente,e pieno di indiscutibile bellezza,la stessa che ho trovato nelle sue parole,in linea con i concetti profondi ed eterni che il film descrive..

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