Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

sabato 31 marzo 2018

Che cos'è la felicità? E' possibile misurarla?Neuroscienze, altruismo, felicità.. e buon governo



Si può valutare la felicità  del mondo? E che cos’è la felicità? Domande cui non è semplice rispondere in considerazione della soggettività dei vissuti emotivi. Troppo facile cavarsela con un: “felicità è assenza di infelicità”. Possiamo provare a dire che la felicità è una combinazione di emozioni e sensazioni,  uno stato psichico costituito dal piacere dei sensi (non possiamo essere felici se siamo afflitti da un dolore fisico) e da uno stato psichico di appagamento del vivere e del fare. (Gli antichi parlavano di piacere edonico ed eudemonico). Sicuramente felicità non è il semplice piacere, quello che ci viene offerto, ad esempio, dal sesso o da una vincita al gratta e vinci. La felicità implica uno stato fisiologico e psichico ben più complesso e globale. Da un punto di vista neuronale coinvolge, piuttosto che  centri e  circuiti deputati a quei piaceri che noi condividiamo con i nostri fratelli animali,  la neocorteccia  che è la parte del cervello che si è evoluta più tardi e che ci consente di attribuire un valore ed un significato alle nostre esperienze emotive e fisiologiche. La neocorteccia è alla base dello sviluppo  della nostra civiltà, dei nostri prodotti culturali più nobili, dei nostri valori morali. A differenza che negli animali che, pure essendo orientati fondamentalmente alla ricerca del piacere e all’evitamento del dolore, sono, comunque, capaci di comportamenti  prosociali, noi, specie evoluta, siamo particolarmente competenti nel  provare emozioni sociali come la vergogna e il senso di colpa se abbiamo agito male; di provare empatia nei confronti degli altri e di prendere a cuore le loro sorti. Il tutto con il vantaggio evoluzionistico del miglioramento  della sopravvivenza e della salute della collettività e del singolo.  Noi esseri umani siamo, dunque, capaci  di essere generosi,tolleranti e, anche, di perdonare. E c’è, così la ricerca ci indica, una connessione tra il vivere praticando la generosità e l’altruismo e la sopravvivenza. Sembrerebbe che chi li pratica aumenta il benessere fisico e psichico, aumenta l’autostima con una diminuizione del dolore e del senso di fatica. Si riducono anche la produzione di cortisolo e la pressione arteriosa; aumenta, invece, la serotonina. In sintesi chi pratica  l’altruismo diventa felice. Il che  spiega, in parte,  perché i meccanismi biologici in esso coinvolti, siano diventati stabili nel corredo biologico degli umani.( Sembrerebbe, ad esempio, che il donare attivi i circuiti neuronali della ricompensa, gli stessi che si attivano con il cibo e la sessualità, due potenti attivatori di dopamina e di sensazioni  o vissuti di benessere e appagamento.)Ma  veniamo alla prima domanda: “Si può misurare il gradiente di felicità del singolo o di un popolo?”
Ci prova dal  2012 l’Onu con il World Happiness Report  che pubblica  i suoi risultati in occasione della Giornata Internazionale della felicità. Sembrerebbe che l’Italia occupi il quarantottesimo posto nella graduatoria  dei paesi più felici. Ai primi posti risultano i paesi del Nord: Norvegia Danimarca, Irlanda, Finlandia, Paesi Bassi, Canada. I criteri in base ai quali si valuta la felicità sono costituiti da: la cura della persona,la salute, la fiducia reciproca, il reddito, la buona gestione del paese. L’eccellenza della Norvegia, che è al primo posto, è dovuta non tanto al reddito, che comunque ha la sua importanza,ma all’onestà, alla generosità dei singoli e dei governanti e, ovviamente, al buon governo che dà stabilità e sicurezza economica. Avere un lavoro stabile, infatti, è fonte di tranquillità e di benessere. E anche avere un lavoro in un paese ad alto indice di disoccupazione, come accade in Italia, fa vivere una situazione di precarietà e di malessere .
L’Italia non brilla per il buon governo (adesso poi non sappiamo come andrà a finire!), ha un alto tasso di disoccupazione, una forte disparità di reddito tra le persone, una classe politica che ha stipendi di gran lunga più sostanziosi rispetto a quelli di cui godono i politici in altri paesi , corrotta e disonesta. E gli italiani (politici e non)  da sempre sono  caratterizzati dal vizio della raccomandazione, dell’”aiutino”, del privilegio, che fanno parte del nostro Dna rendendoci, a differenza dei cittadini di altre nazioni, culturalmente tribali cioè vincolati alla famiglia piuttosto che allo stato e alle ragioni della collettività, caratteri che fanno a pugni con altruismo e generosità. Ce n’è abbastanza per essere infelici, no?


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