Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

lunedì 11 marzo 2019

Molestie, violenza, femminismo e Metoo

(già pubblicato su L'INCHIESTA VENERDI' 8 MARZO 2019)
“Le domande che dobbiamo porci.. e a cui dobbiamo trovare
una risposta in questo momento di transizione sono così importanti da cambiare,
 forse, la vita di tutti gli  uomini e di tutte le donne per sempre .
 E’ nostro dovere ora continuare a pensare….
Pensare,pensare, dobbiamo. Non dobbiamo mai smettere di pensare”(Virginia Woolf, Le tre ghinee)

 In occasione dell’8 marzo e nell’ambito del progetto “Soggettività e Psicologia del femminile”  L’”Associazione di Psicologia Umanistica ed Analisi Fernomenologico Esistenziale” presenta a cassino alle ore 16, nella sala della Banca Popolare di Cassino il film 
 “In Nome di donna” di Marco Tullio Giordana. Seguirà dibattito con Magda di Renzo, psicoanalista, responsabile del  servizio di psicologia dell’età evolutiva dell’Ist di Ortofonologia di Roma, e con Maria Felice Pacitto, filosofa della mente, psicologa e psicoterapeuta, organizzatrice dell’evento. L’evento,  vede ormai ‘undicesima edizione  e vuole essere un’opportunità di incontro, di riflessione, di crescita culturale ed umana.

Il film di Marco Tullio Giordana affronta il ben noto tema delle molestie contro le donne, una violenza talora subdola ed ambigua, che utilizza, spesso, la condizione di bisogno o di indigenza della vittima.  A questo tipo di condizione appartiene la vicenda narrata dal film. Una giovane donna, che ha necessità di lavorare, viene molestata da uno dei proprietari dell’istituzione in cui lavora, il quale si fa forte del suo ruolo e della condizione di sottoposta della donna. La vicenda, con tutti i dettagli squallidi che la accompagnano ( ostracismo da parte delle altre donne che lavorano nello stessa organizzazione in cui lavora la vittima, le collusioni dei maschi, la strumentalizzazione da parte del sindacato,ecc..) è molto ben rappresentata, con garbo, misura. Una trama asciutta che, in qualche sua parte, avrebbe meritato una qualche complessificazione ma che proprio per la sua essenzialità  determina l’efficacia della denuncia.  Quello, che può essere considerato un film documento, nella sua essenzialità   trova la sua efficacia. Un film necessario, dunque!.


Quest’anno il tema delle molestie è stato sollevato  dal fenomeno Me-too che ha denunciato il sistema-molestie nell’ambito dell’industria cinematografica.   Dunque, alcune donne si sono alleate e hanno denunciato. Certo, non è facile attaccare un sistema,  ma non è neanche difficile quando si è in una posizione di autonomia economica e di successo manifesto  e quando si vive in un paese puritano, gli USA, dove un presidente è stato costretto a dimettersi per aver mentito su un tradimento coniugale. Un fenomeno che non ha avuto presa in Italia, paese più ipocrita o, semplicemente, moralmente più disinvolto. Ma Metoo non è un fenomeno di rivolta femminista . Quello del ’68 si sviluppò a seguito di un grande movimento di controcultura, iniziato negli USA, che arrivato in Europa e in Italia  affrontò molti nodi relativi al mondo femminile: dalla rivendicazione di alcuni diritti fondamentali al tema della sessualità, della maternità e della soggettività femminile. Movimento che avrebbe dato i suoi frutti in ambito politico e in quello della riflessione filosofica. Rimase però fondamentalmente un fenomeno elitario, legato ai circuito delle città che toccò appena la provincia, Fondamentalmente non incise sulla massa delle donne. Il movimento Metoo, come molta altre manifestazione a favore del femminile, presenta la limitatezza della prospettiva: non si capisce che il problema delle molestie è strettamente collegato a quello dell’autonomia delle donne, a quello della loro soggettività ed identità, dell’indipendenza economica, al tema della maternità e  al modo di intenderla. Negli anni ’70 il tema dei diritti e della soggettività erano legati insieme e svilupparono un’ampia gamma di posizioni differenti. La questione dell’identità e della soggettività erano una rivendicazione ma fondamentalmente un interrogarsi. C’era una forte pars destruens  che aveva voglia di liberarsi di identità false ed imposte,   di identità introiettate di cui si subiva la tirannia e con cui era difficile confrontarsi e difficile liberarsi. Quelle donne distrussero le identità false e posticce, imposte dall’esterno ma introiettate ed assorbite quasi osmoticamente. Non fu facile. C’è da chiedersi cosa sia arrivato di tutto quel lavoro alle giovani generazioni di oggi. Oggi le ragazze sono  consapevoli dei propri diritti politici, dell’uguaglianza, della possibilità di avviarsi a qualsiasi tipo di carriera.Ma ho la sensazione che in profondità non sia cambiato molto. Non ci si interroga:  “che cosa sono io e che cosa voglio essere” Da Metoo ci saremmo aspettate qualcosa in più. Una messaggio fortr però arriva da Metoo: le donne  hanno fatto alleanza ( cosa non sempre facile nel mondo femminile) e sono state produttive, almeno negli USA.

Molte le questioni che la tematica della molestie può suscitare e non solo quella specifica: “C’è un confine tra molestia e violenza?’”, “ Cosa fanno le madri per educare le figlie al rispetto del proprio corpo sì da pretenderlo anche dagli altri?”, “Che cosa significa la parola corpo per le persone?”, “Si può educare al rispetto del corpo?”.  Ma prioritaria la domanda fondamentale: “Perché gli uomini ritengono lecito accedere al corpo femminile?” La seconda considerazione, consequenziale, è che non esiste una “teoria della libertà femminile”, il che apre a questioni di tipo anche ontologico ed epistemologico. Rimanda infatti alla domanda ineludibile “Chi è la donna”, “Chi vogliamo essere?”, “Come vogliamo svilupparci?”, “Come vogliamo presentarci al mondo?”, “Come vogliamo rappresentarci?”

Intanto: abbiamo il coraggio di  contrastare il potere esistente,

dissentiamo,

ribelliamoci  alla pornografia,

alla prostituzione, all’utero in affitto

a qualsiasi forma di mercificazione del corpo femminile,

proteggiamo e rispettiamo in nostro corpo

non esibendolo: non ne abbiamo bisogno,

rinunciamo ad attenzioni o presunte tali,

osiamo, di fronte a qualsiasi approccio che vada oltre la galanterie,

 un gesto chiaro  come quello del  

Bartleby di Melville “Preferirei di no”

Maria Felice Pacitto

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