Neuroscienze, neuroetica, filosofia della mente, psicoterapia

venerdì 22 marzo 2019

Gli ABSTRACT della Scuola di Alta Formazione in Neuroetica e Fiolosofia delle Neuroscienze: Maria feliuce pacitto, Miriam Aiello, Marco Celentano, Paolo Zecchinato, Rodolfo Giorgi


VI Convegno Cassinate di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze

                L’Io precario. Coscienza, responsabilità, controllo

 

SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE IN NEUROETICA E FILOSOFIA DELLA NEUROSCIENZE

                                (aperta agli allievi della Scuola Secondaria)

                                                     5  aprile

 (Con il patrocinio della Società italiana di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze)

 

                                                                           ABSTRACTS

 

La centralità della persona nell’MBP. Dal soggetto solipsistico cartesiano alla teoria della costituzione di Lynne Rudder Baker

Maria Felice Pacitto

 Centro Psicologia Umanistica ed Analisi Fenomenologico Esistenziale

La grande rottura, nella storia della filosofia, operata da Cartesio fu nell’aver posto, per primo, in termini moderni il tema dell’identità : “Che cosa sono, dunque, io?” E’ nota la risposta cartesiana da cui deriva  una grande responsabilità per il successivo sviluppo  della filosofia e sotto molteplici versi. Il cartesianesimo ha determinato la dicotomia tra due diverse polarità dell’umano, privilegiando il mondo mentale interiore, producendo il distacco dalle dimensioni della corporeità e del contesto ambientale e  portando a concepire l’autonomia del mentale. Ha, inoltre, legittimato l’introspezione come meccanismo attendibile di autoconoscenza. Contro tale impostazione, dagli anni’50 in poi, hanno reagito studiosi (Rorty, Strawson, Ryle,), in alcuni dei quali è presente l’acquisizione della filosofia fenomenologico-esistenziale (Grene), che sottolineano come il mentale è solo un aspetto dell’ umano ma che, piuttosto, questo vada cercato  nell’ambito delle valutazioni, dei comportamenti, del fare. Questo significa che il mentale va ricollegato all’ambiente e al contesto in cui la persona vive e fa esperienza.  Centrali nella nuova prospettiva sono il concetto di embodiment (Margolis), che darà luogo a sviluppi estremamente significativi, e di agency. Il tentativo di sottrarre l’Io-Soggetto all’astratta sfera mentalistica porta ad estendere ciò che si chiamava mente in una dimensione più ampia e complessa della mente stessa: “la persona”, caratterizzata da una irriducibile “sistematicità olistica” (Grene). In questo scenario ultimo, la teoria della  costituzione di Lynne Rudder Baker si pone come la teoria  più interessante, disponibile oggi, compatibile con i risultati delle neuroscienze, in grado di giustificare la persona come agente morale.

 

Il dualismo mente-corpo: interazionismi, parallelismi, monismi da riduzione e senza riduzione

 Miriam Aiello

Università Roma 3

L’esperienza ordinaria ci spinge ad autorappresentarci come entità personali dotate di una forte unità psico-fisica. Tuttavia, in questa esperienza profondamente unitaria alberga un’intuizione dualistica: è la mente a sentire il dolore di una scottatura che si è procurata la mano con un gesto maldestro ai fornelli, è la volontà di un bicchier d’acqua fresca che spinge il corpo ad alzarsi dal divano e ad andare a procurarsela, etc. Tradizionalmente si attribuisce a Cartesio la formalizzazione di questa intuizione problematica: con la distinzione tra res cogitans e res extensa, il filosofo francese mette capo all’idea che la mente e il corpo siano sostanze tra loro distinte, con proprietà di natura eterogenea e che, in virtù di tale radicale eterogeneità ontologica, non possano interagire causalmente tra loro. A partire dall’inquadramento della tesi dualista sul rapporto mente-corpo/cervello, esamineremo le opzioni teoriche elaborate dalla filosofia della mente moderna e contemporanea per rendere conto della relazione tra stati mentali e stati fisico-cerebrali:

·        interazionismi: interazionismo “classico”, interazionismo “triale”;

·        parallelismi: parallelismo psico-fisico; armonia prestabilita; occasionalismo;

·        monismi da riduzione: fisicalismi (teoria dell’identità; epifenomenismo); psicomorfismo;

·        monismi senza riduzione: monismo anomalo.

 

Morale, Neuroscienze e biologia

Paolo Zecchinato

Università degli Studi di Cassino

Che cosa possono dire le neuroscienze e la biologia sulla genesi e sulla portata della morale? Sono neutre o rappresentano una minaccia? Il relatore intende segnalare acquisizioni, mancate acquisizioni e problemi ancora aperti del programma scientifico che passa sotto il nome di “naturalizzazione della morale”, provenienti dallo studio del cervello, dall’etologia comparata e dall’evoluzionismo darwiniano.

 

La genesi storica della “coscienza morale” nella Genealogia della morale di Nietzsche

Marco Celentano

Università degli studi di Cassino

Secondo le tre grandi religioni monoteistiche, i precetti morali fondamentali provengono da una fonte trascendente, ovvero esterna all’uomo, e infallibile: stabiliti da Dio, custoditi nei libri sacri, essi sono eterni e immutabili.

Secondo la concezione del filosofo Immanuel Kant, che ha influenzato tutto il pensiero morale successivo, ogni essere umano porta scritta dentro di sé una “legge morale” che è connaturata alla razionalità umana, e perciò autonoma, non dipendente da fonti esterne. Essa impone di agire secondo principi che potremmo considerare “universali”, cioè validi in ogni circostanza, e di trattare se stessi e gli altri uomini “come fini e mai come mezzi”.

Secondo l’idealismo storicistico di Hegel, l’intera storia umana è leggibile come la graduale presa di consapevolezza e realizzazione di un fine etico inscritto nella ragione umana fin dai suoi albori.

Secondo Herbert Spencer e altri filosofi evoluzionisti e utilitaristi del tardo Ottocento, i precetti morali si tramandano per eredità biologica e culturale, perché si sono rivelati utili alla comunità.

Nietzsche, nella seconda dissertazione della Genealogia della morale (1887), intitolata “Colpa”, “cattiva coscienza” e simili, tenta di demolire tutti questi approcci tradizionali, dimostrando che i “tu devi”, gli obblighi morali, che il singolo individuo sente come qualcosa di “naturale” e di “interiore”, sono in realtà il prodotto di un processo storico millenario in cui la maggioranza degli esseri umani è stata indotta, attraverso premi e punizioni, abitudini di vita e credenze religiose e metafisiche, a interiorizzare e ad assimilare i doveri imposti dai costumi sociali e dai poteri vigenti, fino al punto di sentirli come qualcosa di spontaneo e di sacro.

Secondo l’’ipotesi esposta da Nietzsche, e più tardi ripresa da Freud[1], il nucleo più antico del “senso di colpa” e della “coscienza morale derivò, in particolare, da due grandi “metamorfosi” che, agli albori della ‘civiltà’, sconvolsero la vita degli esseri umani:

·        quella “eliminazione di un enorme quantum di libertà” che prese avvio quando alcuni gruppi umani iniziarono ad asservirne altri con la forza e a sfruttarli;

·        il diffondersi, attraverso le religioni, e i monoteismi in particolare, della  convinzione che ogni uomo fosse costantemente sotto lo sguardo vigilie e implacabile di un dio giudice.

Questa duplice condizione, di privazione di libertà e di induzione alla convinzione di essere sempre sotto il controllo di un potere infallibile, portò gradualmente l’essere umano ad introiettare quell’occhio giudicante, facendolo divenire un occhio interno, un guardiano interiore, un censore mentale, che la tradizione cristiana chiamò “voce dell’anima” e il pensiero moderno “coscienza morale”.

 

Mente e computer: un’analogia ancora plausibile?

Rodolfo Giorgi

 Università di Pisa

A partire dalla seconda metà del secolo scorso, le tesi funzionaliste si sono affermate gradualmente nel dibattito filosofico contemporaneo ponendo l’accento sull’organizzazione funzionale della mente e sul ruolo causale che gli stati mentali possiederebbero all’interno del nostro apparato cognitivo. Secondo il funzionalismo, ciò che qualifica uno stato mentale non è tanto la sua costituzione interna bensì il ruolo determinato che esso riveste nell’apparato cognitivo a cui appartiene.  Un’immagine efficace usata dal funzionalismo è infatti quella relativa all’analogia mente-computer: il linguaggio di un sistema computazionale potrebbe essere paragonato alla nostra mente per comprendere come gli stati mentali siano essenzialmente stati funzionali. Gli stati mentali si potrebbero descrivere come funzioni di passaggio da inputs sensoriali a outputs comportamentali, mentre diversi tipi di stati fisici realizzerebbero gli stati mentali secondo il principio della realizzabilità multipla.

Lo scopo di questa lezione è illustrare l’evoluzione storica dei problemi affrontati dal funzionalismo e riflettere sulle implicazioni attuali che questa prospettiva può avere nel dibattito odierno sulla mente. Saranno considerate anche le osservazioni più critiche nei confronti della visione funzionalista per cercare di comprendere se, in definitiva, la ricerca filosofica possa ancora avvalersi dell’analogia mente-computer al fine di analizzare il rapporto tra il cervello ed il dominio del mentale.

 

 

 

 

 



 

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